Non aprite quella porta (2022): la vendetta di nonno Leatherface

Non aprite quella porta (2022): la vendetta di nonno Leatherface

Il cannibale con la motosega del cult di Tobe Hooper torna nel sequel di Netflix il 18 febbraio per fare una strage di esemplari non geniali e socialdipendenti della Generazione Z

Poche cose ci lasciano perplessi quanto il fatto che i vari Michael Myers, Jason, Freddy e Leatherface (mettiamoci anche Ghostface) siano ancora a piede libero (cinematograficamente parlando) a distanza di decenni, condannati a un inferno di remake, sequel e reboot:saranno pure orribili assassini, ma chi merita tanto male? Questa volta tocca di nuovo al cannibale con la motosega della saga horror di Texas Chainsaw Massacre, protagonista di Non aprile quella porta, seguito ideale del primo, agghiacciante capitolo firmato da Tobe Hoopersu Netflix dal 18 febbraio. Il pretesto per il ritorno del massiccio killer questa volta è l’arrivo nella desolata cittadina di Harlow di Dante, della sua fidanzata (non provvista di nome), di Melody e di sua sorella Lila. Il primo è una celebrità social, Melody è la sua partner e Lila è una teenager sopravvissuta allo carneficina del suo liceo che si porta sfiga da sola (“Non sono morta quel giorno a scuola, quindi la morte mi segue ovunque”). 

Il quartetto è accolto malamente dal belloccio e rude Richter, un redneck filosofo e sprezzante nei confronti dei nuovi arrivati (i “gentryfucker”); è l’unico altro apparente abitante della zona assieme al benzinaio e a Sally, l’indomita sopravvissuta alla strage del primo film. L’intrusione dell’arrogante e superficiale Dante nella dimora di un’anziana signora innesca la furia di Leatherface. Il maniaco prenderà di mira indistintamente i protagonisti e l’orda di idioti socialdipendenti che si sono portati dietro riempiendo un intero autobus. Il regista David Blue Garcia fa del suo meglio – non ci vuole molto – per esasperare l’immenso fastidio che provoca la presenza molesta del campionario di festaioli della GenZ (“Attento a quello che fai o ti cancello”) e aizzare lo spettatore, destinato a tifare selvaggiamente per il killer. 

Il clou del film è costituito da questa strage di nativi digitali imprigionati nello spazio angusto del bus, un’orgia di arti che impugnano smartphone, di budella e corpi segati in due (o più parti) che volano ovunque. È una scena gustosa, splatter e violenta, ma l’entusiasmo non ha molti altri motivi per riaffacciarsi. Non aprite quella porta è in parte una scopiazzatura dell’Halloween del 2018 di David Gordon Green: anche qui l’unica resiliente scream queensopravvissuta al maniaco è diventata una tipa tosta che non ha perso il suo spirito di autoconservazione con il passare degli anni. Sally ha trascorso quasi mezzo secolo covando rancore e sete di vendetta, attendendo come una cowgirl eremita il ritorno del suo demente e implacabile nemico. 

Non aprite quella porta è il nono capitolo della saga: non è il peggiore, non è il migliore. Il migliore, e il più sottovalutato (perché i più non hanno visto la versione director’s cut con le scene tagliate), resta il prequel del 2017Leatherface, diretto dai francesi Alexandre Bustillo e Julien Maury, la origin story di Faccia di cuoio che rivela il volto del futuro assassino mascherato facendolo coincidere con quello angelico dell’attore Sam Strike. La versione di Garcia è abbastanza brutale, morbosa, violenta e divertente da soddisfare i palati degli amanti dello slasher; la suggestiva ambientazione nel profondo sud (il regista è un texano doc) patriarcale, arretrato e desolato fa anche questa volta metà del lavoro da sola nel creare l’atmosfera, ma le gesta del killer con il volto coperto dallo scalpo delle vittime offrono poche soddisfazioni (non entriamo nei particolari, godetevi le sorprese). 

Da notare che Leatherface, per avere ormai una settantina d’anni, è in formissima (plausibile, se consideriamo quanto fosse ancora vitale il nonno mummificato). La sceneggiatura di Chris Delvin sbaglia nel relegare il confronto dei locali – Richter e Sally – con il killer a pochi minuti: avrebbe dovuto liquidare in fretta i quattro scialbi protagonisti e lasciare agli adulti e alla proverbiale ospitalità sudista le scene più importanti e sanguinolente. Tuttavia, ha preferito rivolgersi al pubblico giovanile da horror estivo – i ventenni che riempiono i drive inamericani ad agosto: peccato che siamo a febbraio e il film è finito direttamente su Netflix. Tutto sommato Non aprite quella porta non è male, ma solo se impostate l’asticella delle aspettative piuttosto in basso.

wired.it

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