Un documentario di Giuseppe Tornatore racconta la vita artistica e la musica che ti inghiotte e non ti lascia più di Ennio Morricone
È impossibile non amare la sua musica. In un modo o nell’altro le note di Ennio Morricone fanno parte delle nostre vite: attraverso un film o una canzone che forse nemmeno immaginiamo che sia stata arrangiata proprio da lui. Sì, perché dietro ad alcune hit di Gianni Morandi, di Edoardo Vianello o Gino Paoli (Sapore di sale, per esempio) c’è il tocco di Ennio.
Ed Ennio è anche il titolo essenziale del documentario firmato dall’amico Giuseppe Tornatore che finalmente arriva nelle sale. Il Premio Oscar di Nuovo cinema paradiso (musicato da Morricone) ha fatto un ritratto completo del maestro, dai suoi inizia all’ultima statuetta conquista per la colonna sonora di The Hateful Eight.
Le musiche di Ennio. Un brivido dietro l’altro
E a raccontarlo è soprattutto la sua musica, che cadenza il ritmo della narrazione e si muove lungo un asse cronologico. Dal suono della sua tromba prima e dopo il diploma al conservatorio si passa al fischio inconfondibile di Per un pugno di dollari, dalla complessità della partitura di C’era una volta in America all’emotività di Mission, che erroneamente l’Academy non capì. E così via. È un brividodietro l’altro.
Ennio per Eastwood, Sprigsteen, Quincy Jones, Tarantino
I capolavori di Ennio Morricone vengono raccontati anche da amici, colleghi, attori e registi. Ci sono quasi tutti. Clint Eastwood riconosce come «la sua musica sia sempre stata innovativa; Lina Wertmuller definisce Ennio «un matto», Quincy Jones non ha dubbi: «È come se lo amassi da sempre», mentre Bruce Springteen racconta di quando vide al cinema Il buono, il brutto, il cattivo: «Uscito dalla sala ho comprato la colonna sonora. Non mi era mai capitato prima». E ovviamente c’è Tarantino cresciuto a pane, spaghetti western ed Morricone («Sono cresciuto ascoltando “L’estasi dell’oro”»). «La sua è una musica che ti afferra e ti inghiotte. Non la dimentichi più», commenta il regista Wong Kar-wai.
E anche lo spettatore rimane aggrappato a quelle melodie per due ore e mezza, è inevitabile quando si ascoltano le sue colonne sonora, da quelle dei primi western di Leone (fu un sodalizio e uno tsunami artistico che lasciò il segno nel cinema italiano e mondiale: «Fu una svolta», dice Eastwood, «nessuno aveva mai fatto qualcosa di così lirico per il western».) all’ultimo di Tarantino, da Gli intoccabili a La battaglia di Algeri.
La sofferenza di Morricone
E pensare che Ennio soffrì la troppa dipendenza dal cinema. Dopo il diploma di composizione con Petrassi rivoluzionò la RCA con i suoi arrangiamenti innovativi; poi iniziò a scrivere le partiture per il cinema e questo non era visto di buon occhio dai colleghi. Il maestro ne soffrì per anni, durante l’intervista di Tornatore Morricone si commuove: all’epoca era rimasto solo, isolato, soffriva di inferiorità per aver rinunciato alla purezza del compositore. «Mi sentivo colpevole», dice, «ma mi sono riscattato». Come l’Academy anche i suoi colleghi compositori hanno riconosciuto l’errore di aver sottovalutato la grandezza di un autore la cui musica è nella storia e viaggia nelle alte galassie.
gqitalia.it