Ozpetek, le mie Mine vaganti in scena

Ozpetek, le mie Mine vaganti in scena

“Ci hanno chiesto lo spettacolo anche a Broadway. Poi si è messo in mezzo un avvocato americano. Un vero personaggio, meriterebbe un film. E non se n’è fatto nulla”. Così Ferzan Ozpetek accompagna a Roma “Mine vaganti”, lo spettacolo che lui stesso ha tratto dal suo film di gran successo del 2010 (2 David di Donatello, 5 Nastri d’argento, 4 Globi d’oro, Premio speciale della giuria al Tribeca di New York) che segna anche la sua prima volta alla regia di un testo di prosa. Un successo quasi annunciato se, dopo un rodaggio di 25 repliche in giro per l’Italia, lo spettacolo ora arriva alla sua tappa più importante di questa stagione, l’Ambra Jovinelli, dove resterà da domani all’1 marzo, già sold out da due mesi. “Abbiamo aggiunto all’ultimo due ulteriori repliche – racconta la direttrice artistica Fabrizia Pompilio – Bruciate subito anche quelle: 1600 posti esauriti in due giorni”.

Questa volta, al posto di Riccardo Scamarcio e Alessandro Preziosi, a interpretare Tommaso e Antonio, i due fratelli leccesi che tentano, con sorti diverse, di rivelarsi gay alla famiglia, sono Arturo Muselli e Giorgio Marchesi, mentre Francesco Pannofino è il padre Vincenzo Cantone, Paola Minaccioni (che al cinema era la cameriera Teresa) è la madre Stefania e Caterina Vertova la nonna. In tutto 11 attori, con la produzione di Marco Balsamo. “Come trasporto in scena i sentimenti, i momenti malinconici, le risate di quel film? È la prima domanda che mi sono posto – ammette Ozpetek – La prima volta che raccontai la storia a Domenico Procacci (produttore della pellicola ndr), eravamo in macchina, in Sardegna, andando da Fiorello per proporgli una cosa. E lui subito mi disse che poteva essere anche un testo teatrale. Per adattarlo alla scena – prosegue – ho lavorato per sottrazione, sfondato la quarta parete e trasformando la platea nella piazza di paese. I personaggi salgono e scendono dal palco, interagiscono con il pubblico che si sente coinvolto. Anche su internet, dove i commenti sono spietati, sto ricevendo solo cose belle. Mi sento male solo quando mi dicono che lo spettacolo è più bello del film. E poi nella mia carriera sono sempre stato fortunato con gli attori. Ho un sesto senso nella scelta e qui ho voluto anche debuttanti”. “Non siamo solo 11 attori in scena – aggiunge Pannofino – quando si apre il sipario in questo spettacolo recitano anche le sedie, gli oggetti”.

“Sono passati dieci anni dal film – racconta la Minaccioni – Sul set Ferzan mi diceva ‘fai meno, niente facce, meno battute’. Ora invece mi ha spinto a trovare delle cose mie a sperimentare sul personaggio”. Per il regista, dopo tanti successi al cinema, il teatro arriva dopo la lirica, con le regie della Traviata, Aida e Madama Butterfly. “Prima della Traviata – racconta – andai a casa di Zeffirelli per una benedizione. Era una sfida per me. Visconti, Pirandello? Sono giganti, ho un grandissimo rispetto. Però penso che teatro, cinema, pittura, scrittura siano la stessa cosa. E dirigere uno spettacolo è come cucinare: bisogna avere buoni ingredienti – dice – Mi era stato offerto molte volte di fare teatro. Ma ho sempre detto di no. Con Balsamo ho accettato per non sentirlo più insistere, come quando ci si concede a un amante per sfinimento”, ride. Ora lo spettacolo è richiestissimo. “Quando è arrivata la richiesta di Broadway ci siamo emozionati tantissimo – dice – Ma si è messo di mezzo questo avvocato americano, da farci un film. Ho accettato però di andare a Madrid venti giorni per montare una versione con attori spagnoli. Ci sono richieste dalla Turchia. Da Francia e Germania hanno chiesto di poter leggere il testo. Mi sono dato delle arie e ho detto: ‘no, se volete, venite a vederlo’. Sicuramente farò ancora un altro spettacolo – conclude – Ma non da un mio film. Vorrei una cosa un po’ diversa”.

Daniela Giammusso, ANSA

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