Il nuovo disco, in uscita oggi avrà solo l’edizione fisica: niente streaming
Francesco Guccini torna a cantare e lo fa nella maniera che gli è più congeniale, con il cuore. “Canzoni da intorto”, questo il titolo del suo nuovo album (a dieci anni da “L’ultima Thule” del 2012) è una “folle operazione”, come la definisce lui stesso, che ha però in sé tutta l’anima e lo spirito del cantautore. Gli undici brani che compongono l’album attingono infatti ad un tessuto culturale, sociale e politico, che è sempre stato quello in cui Guccini si è espresso con maggiore naturalezza. Si tratta di canzoni di lavoro, politiche, di protesta, appartenenti alla cultura popolare, con arrangiamenti dal richiamo balcanico e folk.
Un progetto che Guccini definisce “frutto di anni di raccolta”. Canzoni piene di storia, una sorta di biografia musicale, dal valore culturale, quasi educativo. “Sono sempre stato un cacciatore di canzoni”, dice. E la caccia, in questo album, lo ha portato a Fausto Amodei e alla sua ballata “Morti di Reggio Emilia”, che ha origine dagli eventi tragici accaduti a Reggio Emilia il 7 luglio 1960, in occasione dei moti popolari contro il governo di Fernando Tambroni.
Alle milanesi “El me gatt” e “Ma mi” di Fiorenzo Carpi De Resmini e Giorgio Strehler, entrata a far parte del repertorio tradizionale delle canzoni popolari milanesi e in quello della Resistenza e che racconta di un partigiano catturato dai nemici, che resiste quaranta giorni e quaranta notti alle percosse dei carcerieri neri e alle lusinghe del commissario, senza confessare o rivelare nulla sui suoi compagni. E poi ancora a “Sei minuti all’alba” di Enzo Jannacci e al canto epico-lirico “Barun Litrun”, conservato nell’opera I canti popolari del Piemonte di Costantino Nigra. E ancora a “Le nostre domande”, all’inglese “Green Sleeves”, a “Addio Lugano”, poesia anarchica, datata 1895, scritta da Pietro Gori nella settimana trascorsa in carcere per un ordine di espulsione, diventata nel 1899, patrimonio dell’intero movimento operaio italiano; a “Quella cosa in Lombardia”, a “Tera e aqua” e a “Nel fosco fin dal secolo” che Guccini definisce “la nonna della mia Locomotiva per lo stile retorico, quasi tragico, di certi versi”, canto di rivolta, che ha come tema centrale l’avvento della dinamite.
“Cantare in dialetto milanese o piemontese non è stato un problema”, spiega l’artista, che confessa di aver rinunciato a cantare anche in francese, anche se gli sarebbe piaciuto molto, “solo perché la mia pronuncia è pessima”, sebbene ci fossero molte canzoni candidate a far parte di questo album.
Il titolo
“Canzoni da intorto”, anche se, come spiega il cantautore, “intortare” non è l’obiettivo. Si tratta piuttosto di canzoni cantate nelle tante serate con amici e amiche, prima di cominciare a giocare a carte.
“La locuzione ‘canzoni da intorto’ fu pronunciata da mia moglie Raffaella durante il famoso pranzo coi discografici della BMG e fu accolta con entusiasmo irrefrenabile come titolo definitivo di un disco che non mi trovava, allora, del tutto consenziente e pacificato. Si tratta, infatti, di un’illazione maliziosa anche se parzialmente affettuosa. Significherebbe che le canzoni da me spesso cantate in allegre serate con amici, servissero solo ad abbindolare innocenti fanciulle le quali, rese vittime dal fascino di quelle canzoni, si piegavano ai miei turpi voleri e desideri. Ammetto che un paio di canzoni qui presenti, forse, potrebbero essere state usate alla bisogna, ma solo per un paio di volte e non di più”. In realtà, aggiunge Guccini “si tratta di canzoni poco discografiche, quasi niente da intorto”.
Lui le definisce piuttosto “canzoni marginali, che nessuno conosceva, ma che hanno una storia dietro… quindi in questo modo sono canzoni ‘fighette’, forse l’intorto è proprio questo”.
Canzoni dei perdenti
Incalzato su temi politici e sulla sua posizione rispetto alle vicende attuali Guccini racconta di quando era alle medie e tifava per i Troiani contro i Greci “In seconda media studiavamo l’Iliade, e mi ricordo che c’era chi tifava per i Greci e chi per i Troiani. Si erano proprio create due fazioni, e la grande maggioranza tifava per i Greci, i vincenti. Io tifavo per i Troiani, e ancora tifo per i Troiani. Queste canzoni sono un po’ le canzoni dei perdenti, e parlando della congerie politica di oggi, noi siamo i Troiani. Io tifo ancora per i Troiani” e ha poi aggiunto: “Io non sono comunista, non mi sono mai dichiarato comunista, sono non dico anarchico, perché dichiararsi anarchico nel 2022 è fuori dal tempo, ma simpatizzante…”.
Musicalmente ricco e complesso all’album hanno partecipato oltre trenta strumentisti provenienti da svariati mondi musicali e diverse sono le influenze che convivono in questa tessitura, dal folk alla musica popolare, dalla musica bandistica a quella balcanica e da ballo. Su tutto l’inconfondibile voce di Guccini: “Ho fatto una fatica della madonna a fare sto disco, perchè la voce che mi sono ritrovato a 82 anni e mezzo è come quella di un atleta che non si allena da tempo… poi piano piano è andata meglio”.
Con “Canzoni da intorto” il maestro rompe in qualche modo la “promessa” di chiudere con la musica, fatta quando, dopo “L’ultima Thule” del 2012, aveva dato l’addio allo studio di registrazione e ai concerti.
“Avevo deciso di smettere, proprio per non dover arrampicarmi sugli specchi e cercare qualche cosa che non veniva più. E infatti da allora io non ho più toccato la chitarra, ed è difficile per me scrivere una canzone senza l’accompagnamento della chitarra. Non son più capace di scrivere canzoni, è inutile che mi sforzi di fare cose che non son più capace di fare”.
L’album è previsto solo in forma fisica, niente streaming. “Non so nemmeno cosa si lo streaming”, confessa Guccini. Un’operazione pensata per valorizzare questo grande ritorno, “perché è innegabile che c’è un pubblico anche oltre lo streaming, che apprezza ancora il rito di acquistare un disco e di ascoltarlo dall’inizio alla fine. ‘Canzoni da intorto’ è un concept album che bisogna ascoltare per intero. Farlo uscire in questa modalità era l’unica scelta possibile per valorizzare e distinguere la sua natura.”, ha detto Dino Stewart (Managing Director BMG).