Zucchero: «Volevo fare una cover degli Stones con i Måneskin, ma non avevano tempo. Hanno riempito un vuoto»

Zucchero: «Volevo fare una cover degli Stones con i Måneskin, ma non avevano tempo. Hanno riempito un vuoto»

Zucchero vive sommerso da bigliettini. Quando sente una canzone che gli piace se la appunta. L’archivio sono le scrivanie e le mensole del suo studio di registrazione e il tavolo del salone di casa. La pandemia gli deve essere servita a mettere ordine: «Sto bene a casa ma non riesco a stare a vedere l’erba crescere. Se sto fermo dopo un po’ mi vengono due mar…». Così, dopo la versione acustica di «D.O.C.», ecco «Discover», un secondo album registrato in pandemia, primo di cover nella carriera.

La scaletta?
«Ho selezionato circa 500 brani. Sono partito sentimentalmente da quando suonavo nelle balere e facevamo il prog: Genesis, Pink Floyd, Jethro Tull. Da lì parte un excursus che segue due filoni: la grande melodia italiana e l’amore per soul, r&b, blues, gospel…».

E i Coldplay?
«Blues o non blues, soul o non soul… “The Scientist” è una canzone bellissima».

Come per la nuova versione di «D.O.C.» ha scelto di stare sui suoni acustici…
«Il mood è lo stesso, è un momento in cui trovo stucchevoli le over-produzioni».

Oltre alla partecipazione di Bono, Elisa e Mahmood c’è la voce di Fabrizio De André su «Ho visto Nina volare». Come è nata?
«L’avevo fatta, su consiglio di Dori Ghezzi che ci sentiva dentro qualcosa di adatto a me, al tributo a Faber a Genova nel 2000. Qui Fabrizio è come un vento caldo che mi arriva alle spalle: mi sono emozionato».

Bono partecipa a «Canta la vita», versione italiana del brano che la rockstar fece in omaggio al nostro Paese, primo ad essere piegato dal Covid. Che valore ha oggi che i no vax protestano?
«Bono è stato generoso come sempre. Mi ha mandato 10 tracce diverse e ha voluto fare anche i cori. Adattai quella canzone per il concerto dell’Earth Day al Colosseo. Nell’estate 2020 con Sting ho fatto un brano che sperava nell’arrivo di settembre come fine della pandemia perché già allora non ne potevamo più… Ora sta diventando troppo. Ognuno fa quello che vuole, ma l’unico modo per farla finire è vaccinarsi. Anche se temo che il mio amico Clapton, con cui ho un concerto l’anno prossimo a Berlino, non lo farà».

In pandemia quanto il governo le è sembrato lontano dai problemi del mondo della musica?
«Vorrei regalare a quelli del ministero della Cultura una tibia di un legionario romano trovata a Paestum. Così andrebbero in tv per mostrarsi acculturati. Della cultura popolare non gliene frega un ca..: è evidente».

Ennesimo incrocio con Bono. Entrambi doppiate il leone del cartoon «Sing 2». Come è stato questo debutto al cinema?
«Il personaggio è una leggenda rock ritiratosi dopo la morte dell’amata. Tratta male tutti, è un burbero, ma ha il cuore tenero. Mi ci rivedo».

Pensa al ritiro?
«Oggi no. Ci pensai a cavallo fra gli anni 80 e i 90. Ero depresso. Ma accaddero delle cose, il successo mondiale di “Senza una donna” e la chiamata di Brian May che mi invitava al tributo per Freddie Mercury, che mi tirarono su. Come se qualcuno da sopra avesse detto che non era il momento».

Nel video di «Follow You Follow Me», cover dei Genesis, non ha paura a mostrarsi con gli occhiali da vista…
«La vita va avanti. Perché dovrei nascondere l’incalzare del tempo? Non sono Brad Pitt che deve stare attento».

C’è stata la sua penna dietro il lancio di Elisa e Bocelli… oggi per quale giovane scriverebbe?
«Su questo disco avrei voluto fare “Honky Tonk Women” dei Rolling Stones con i Måneskin, ma loro non avevano tempo. Potrei scrivere per loro. Hanno riempito un vuoto, il rock era troppo annacquato e loro lo hanno riportato a essere trasgressivo. Ora devono stare attenti a non farsi sopraffare dalla pressione».

Andrea Laffranchi, corriere.it

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