Lo spogliarello di Sophia Loren in Ieri, oggi e domani, la maschera inimitabile di Totò, lo sguardo enigmatico di Marcello Mastroianni, il volto di Luigi Lo Cascio ne I cento passi, mescolati agli sceneggiati, alle sigle, alle inchieste, ai programmi più popolari della televisione, fino ad arrivare al premio Oscar che ieri Lina Wertmüller ha ricevuto per la sua carriera: c’è davvero uno stupefacente patrimonio di sogni, speranze, battaglie e delusioni degli italiani nel MIAC, il Museo dell’Audiovisivo e del Cinema che è stato inaugurato lo scorso 30 ottobre 2019 in anteprima negli studi di Cinecittà alla presenza del ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo Dario Franceschini e che aprirà ufficialmente al pubblico il prossimo dicembre.
Voluto e finanziato con 2.5 milioni di euro dal Mibact attraverso il piano strategico “Grandi Progetti Beni Culturali”, previsto dalla legge istitutiva dell’Art Bonus e varato nel 2015 (l’idea venne proprio a Franceschini in occasione della mostra allestita 5 anni fa al Vittoriano per i 90 anni del Luce), il museo utilizza i materiali dei poderosi e preziosissimi archivi dell’Istituto Luce (che lo ha realizzato), delle Teche Rai e del Centro Sperimentale di Cinematografia per costruire un’esperienza multimediale capace di far immergere il visitatore in un mondo di immagini in movimento, di luci e suoni.
L’obiettivo è svelare il racconto di 120 anni di storia italiana, una storia che il cinema e l’audiovisivo hanno saputo declinare al meglio, interpretando l’anima, ma anche vizi e virtù, di un popolo intero e documentando la crescita e l’evoluzione sociale di un Paese: centinaia di film e filmati d’archivio, accanto a documenti, fotografie, interviste, sigle, backstage, grafiche, radio, fino alla realtà aumentata e al videogioco trovano posto in un allestimento completamente interattivo, ideato e realizzato da None Collective, in cui però la tecnologia non è fine a se stessa, ma appare piuttosto come uno strumento utile allo storytelling.
A cura di Gianni Canova, Gabriele D’Autilia, Enrico Menduni e Roland Sejko, il museo si sviluppa in 12 ambienti principali su un’area di 1650 mq, nell’edificio (ora completamente bonificato) un tempo sede del Laboratorio di Sviluppo e Stampa, seguendo un percorso tematico (dalla storia del cinema italiano agli attori, dalla lingua al potere, e poi paesaggio, eros, commedia e cibo, musica, maestri e infine, futuro). Impressionanti i due elementi che rappresentano una sorta di spina dorsale del MIAC: la Timeline, un graffito animato lungo una parete di 30 metri in cui vedere e toccare date ed eventi della storia dell’audiovisivo, e il Nastro trasportatore, il rullo originale di oltre 40 metri che un tempo trasportava le pellicole per le lavorazioni e che ora accoglie i pensieri dei visitatori. Da qui partono e si intrecciano poi le varie aree tematiche, in un trionfo di suoni e luci (che all’inizio fanno sentire un po’ spaesati, prima di riuscire a orientarsi), di schermi e specchi, e ovviamente di immagini in movimento. Visionario, immateriale e dinamico, il museo – una vera e propria piattaforma dotata di grandi potenzialità – cambierà “pelle” spesso, con continui aggiornamenti dei contenuti e mostre temporanee e, con un biglietto integrato, potrà essere visitato anche in abbinamento a Cinecittà Si Mostra e ai set cinematografici presenti negli Studios.
“Questo museo permette di conoscere la gloriosa storia del cinema tenendo aperta una porta sul presente e sul futuro”, ha detto partecipando oggi all’inaugurazione Dario Franceschini, sottolineando la “rara soddisfazione vedere aprire un museo in così poco tempo e l’imprevedibilità della politica ha fatto in modo che fossi qui da ministro per inaugurarlo”. “Il MIAC è un progetto nazionale, un luogo in cui il cinema, l’audiovisivo, gli archivi e i videogame possono trovare casa ed essere fruiti in modo diverso”, ha aggiunto Roberto Cicutto, presidente e ad Istituto Luce Cinecittà.
Ansa.it