Se Paul McCartney non ha ancora trovato «il momento giusto» per scrivere un’autobiografia, a ripercorrere la sua vita tra aneddoti personali e carriera ci pensano le sue canzoni: 154, per la precisione, che compongono il corposo doppio volume (oltre 900 pagine) «The Lyrics. Parole e ricordi dal 1956 a oggi».
Un’analisi dei testi, in ordine alfabetico, corredata da manoscritti, foto e lettere, che l’ex Beatle fa insieme al poeta Paul Muldoon e che arriva in Italia il 9 novembre per Rizzoli con la traduzione di Franco Zanetti e Luca Perasi. Le parole del cantautore, 79 anni, diventano così lo spunto per racconti che riemergono dal passato, a partire dai legami famigliari: la prima canzone scritta è «I Lost My Little Girl»: «Non c’è bisogno di essere Sigmund Freud per comprendere che questa canzone è direttamente connessa alla morte di mia mamma. È mancata nell’ottobre 1956, alla tragicamente giovane età di 47 anni. Ho scritto questo brano poco dopo, quello stesso anno. Avevo 14 anni», rievoca Macca. Un lutto che l’ha segnato in maniera indelebile, su cui torna anche commentando «Lady Madonna»: «Il fatto che mia madre Mary sia morta quando avevo 14 anni è una cosa che non ho mai superato. Una canzone come questa, che ritrae una mamma sempre presente, premurosa, deve essere stata influenzata da quel terribile senso di perdita».
Ma dal cofanetto arrivano anche parole dimenticate come un testo mai registrato dei Beatles, «Tell Me Who He Is»: «Mi ricordo a malapena di questa canzone — dice Macca —. È probabile che risalga all’inizio degli anni Sessanta. Forse ha avuto origine da un’idea per un testo che ho portato a John». Non manca Lennon, certo: dal primo incontro a una festa parrocchiale, a cui Paul era andato «nella speranza di rimorchiare», fino al diventare inseparabili. «Avevo già visto John qua e là in giro — al chiosco delle patatine fritte, sul bus, cose così — e dall’aspetto mi sembrava un tipo figo, ma avremmo mai parlato?» si chiede l’ex Fab Four. Poi la fine dei Beatles, l’allontanamento e la riconciliazione, aiutata anche dalle parole di «Dear Friend». «Per me sarebbe stata la cosa peggiore del mondo, se John fosse stato ucciso quando eravamo ancora in cattivi rapporti — confessa —. Sarei stato sopraffatto dai sensi di colpa. Ma per fortuna il nostro ultimo incontro è stato molto amichevole. Abbiamo parlato di come si cuoce il pane».
Barbara Visentin, corriere.it