L’attrice, nata Lunetta mentre il primo Sputnik andava sulla luna, debutta al Teatro Greco di Siracusa nei panni di Medea: «Una donna modernissima». E qui ci racconta le altre donne che vorrebbe interpretare, la donna che è, e quella a cui vorrebbe più somigliare («mia madre»). Con una certezza: «Non sono una scontenta, fino a qui tutto bene»
Lunetta Savino è una che non si perde d’animo. In era coronavirus, con teatri e cinema riaperti da poco, e con il distanziamento sociale da rispettare, fa le prove nel suo salotto. Tra il divano e la libreria. «Sono fortunata perché ho un salone che si presta bene, è spazioso», racconta. Ma in scena sarà tutt’altra cosa. L’attrice, 62 anni, è entusiasta di debuttare al Teatro Greco di Siracusa con lo spettacolo Da Medea a Medea (il 17 luglio nell’ambito della stagione della Fondazione Inda).
«È un posto magico, un piccolo palco con alle spalle la cavea del teatro. Meraviglioso». Se non avesse dovuto fermarsi anche lei, il 2020 Lunetta l’avrebbe catalogato solo come un anno «speciale» dal punto di vista professionale: è stata Felicia, la madre del giornalista ucciso dalla mafia Peppino Impastato; è stata Rosa, protagonista del film opera prima di Katja Colja, con cui è stata candidata (ancora una volta dal suo salotto) ai David di Donatello: «Ho avuto tante occasioni. Mettermi alla prova fa parte del mio lavoro, e non vedo l’ora di affrontare sfide sempre diverse».
«Sono stata a Siracusa infinite volte da spettatrice, e ho sempre sognato di salire sul palco. Ora lo farò con un personaggio così importante come Medea. È un monologo che mette insieme la Medea classica di Euripide, e la rielaborazione Cara Medea scritta da Antonio Tarantino. Sono due mondi diversi, e si ride anche. Si passa dal drammatico, all’ironico. Medea è modernissima, non è solo la donna che ammazza i figli».
In cosa la sente più vicina?
«Forse nell’anima femminista, quando parla alle donne. Quando mette sul piatto le differenze, le diverse possibilità di scelta per un uomo e per una donna. La donna è costretta a prendere quello che le capita, il problema è sempre l’indipendenza economica. E il ruolo non ancora paritario delle donne è venuto fuori anche adesso, durante il lockdown che ha esasperato le differenze. Anche se proprio durante il lockdown le donne, che non sono affatto un soggetto debole, sono state protagoniste del riuscire a reggere tutto».
E nel mondo del cinema come va?
«Malissimo. Per le attrici i ruoli girano sempre intorno ai ruoli di fidanzate, mogli, mogli tradite. La mia Rosa è protagonista ma di un film che ha avuto una distribuzione limitata. Mancano diversi ruoli che le donne oggi ricoprono, manca una fetta di racconto di questa Italia».
Che donna le piacerebbe interpretare?
«Donne che abbiano in sé delle contraddizioni. Non più solo la fidanzatina, l’amante, la mamma per eccellenza. Le donne sono molto cambiate nel frattempo, la realtà è molto più sfaccettata. Non ci sono solo gli stereotipi».
Che donna è, invece, Lunetta arrivata a questo punto della sua vita?
«Una donna serena. Con le normali preoccupazioni normali. Ci sono i problemi, i dolori, ovviamente, ma sono diventa forte, ho acquisito consapevolezza e la capacità di accogliere il dolore. E questo vale anche per le cose positive, ora so valutarle per quello che sono. Non sono una scontenta, posso dire di essere già molto soddisfatta della mia vita fino a questa punto. Ho cambiato città, modi di vivere, ho affrontato diverse situazioni e oggi sono certa di una cosa: non sono un’insoddisfatta».
La donna a cui vorrebbe somigliare di più?
«Mia madre. Non c’è più, ma è stata un faro assoluto. Intelligente, generosa, colta, con lei avevo scambi di tutti i tipi, è lei che mi ha introdotto alla lettura. Che mi ha insegnato che avevo la possibilità di scegliere un lavoro che mi corrispondesse, che potessi essere autonoma. Era accudente, affettuosa, una donna ricca di tante qualità. Oggi la porto con me».
Come ha vissuto il lockdown?
«Devo ammettere che in certi momenti ho quasi nostalgia di quel silenzio così irreale, è come se ci avesse costretto tutti a rallentare, a considerare il tempo come un fattore protagonista della nostra vita, non solo da riempire, ma anche da vivere con tutte le sue pause. Certo, abbiamo vissuto momenti drammatici. Io fortunatamente ero al sicuro, in casa, ho trascorso i giorni tenendomi in contatto con i miei cari che erano lontano da me, e mi sono rifugiata nel mondo delle parole, nella lettura. Ogni giorno ho letto un testo via Instagram. Li sceglievo con cura, diventando di quei brani direttore della fotografia, regista, autrice, attrice».
Come trascorrerà quest’estate?
«Andrò in vacanza in montagna, mi piace molto d’estate. Il silenzio, l’aria fresca, camminare. E rivedrò mio figlio, lui vive in Inghilterra, sta tornando, non vedo l’ora. Il distacco da lui è ciò che mi è pesato di più in questi mesi. Poi girerò una fiction, con Luisa Ranieri».
Come sarà tornare a girare?
«Ci sono molte restrizioni, ci stiamo attrezzando. Con i tamponi, il sierologico, c’è tutto un protocollo di sicurezza. Tutto questo ha anche un costo, ovviamente, ci saranno produzioni che riusciranno a ripartire e altre che invece non ce la fanno. Speriamo si possa tornare pian piano alla normalità, succederà».
È un’ottimista?
«Sì, diciamo che mi considero una fatalista ottimista. Quasi al limite dell’ingenuità, nosostante sia anche una molto realista».
Gliel’hanno chiesto tutti: il nome Lunetta a cosa lo deve?
«Sono nata quando il primo Sputnik andava sulla luna. In più avevo tanti capelli biondissimi. Lo suggerì un amico dei miei genitori. Oggi lo trovo molto bello».
VanityFair