«Rieccoci». Le maschere di Salvador Dalí per confondere la polizia e come simbolo di resistenza, i nomi delle città per mantenere segreta l’identità, il Professore con un’aura da guru che ti guida ad avere un avvenire pieno di soldi: a dispetto del nome La casa di carta ha fondamenta massicce e ha saputo costruire su diversi elementi iconici un successo che ha avuto la forza di entrare nell’immaginario collettivo. La differenza tra le serie normali e le «fuoriserie» (da Breaking Bad al Trono di spade, da True Detective a Black Mirror) ormai è tutta qui, nella capacità di diventare qualcosa di solido a dispetto dell’epoca liquida in cui viviamo che tende a far scorrere tutto senza lasciare traccia.
Lo spirito anti-sistema
Una serie corale che riparte proprio in virtù del suo successo. Perché La casa di carta è esplosa in mano al suo creatore (Álex Pina), da fenomeno spagnolo a mondiale. Si doveva concludere con il colpo da 1 miliardo di euro alla Zecca di Stato, ma per accendere la terza serie basta immaginare la cattura di uno dei rapinatori (Rio). L’unico modo per salvarlo e proteggere il segreto di tutti è riunire la banda per organizzare un nuovo colpo, questa volta alla Banca di Spagna. In scena entrano nuove città, quindi nuovi personaggi: Palermo, Bogotá e Marsiglia. La casa di carta: terza parte arriva venerdì 19 su Netflix, che come sempre rilascia tutti gli episodi in un colpo solo per somministrare ai bulimici del binge watching l’overdose definitiva. L’ispirazione — tutto torna — è arrivata a Álex Pina proprio da Breaking Bad: «Anche qui si lavora sull’ambiguità morale. E si sconvolge continuamente lo spettatore. Dove sono allora i personaggi? Tra il bene e il male: passano dall’oscurità alla luce e viceversa».
Tokyo e Marsiglia
Úrsula Corberó interpreta Tokyo ed è la voce narrante di una serie dove le donne non fanno da contorno, ma hanno personalità forti, carattere e cuore. L’attrice respinge però una lettura politica: «La casa di carta non è femminista, anzi c’è molto testosterone nell’aria… Ma ha sicuramente delle presenze femminili di peso, donne che cercano il loro spazio, difendono i loro principi, lottano per i loro ideali». Il successo è arrivato all’improvviso, famosa nei 190 Paesi del mondo in cui Netflix trasmette la serie, la più vista di lingua non inglese. «È stato un vortice, riprendere l’equilibrio non è stato semplice. Ma Tokyo mi ha anche fatto crescere. Sono minuta e magra, mi sono sempre sentita debole fisicamente: Tokyo mi ha insegnato che la vera forza viene da dentro». Tra i nuovi personaggi c’è Marsiglia (Luka Peros) che pur essendo l’ultimo arrivato dà la lettura più analitica delle ragioni del successo della serie: «Le grandi banche impoveriscono le classi medie, i politici fanno promesse che non mantengono, un pugno di persone ha in mano le ricchezze del mondo, i poveri aumentano. La gente è stufa della situazione politica, sociale ed economica e cerca dei nuovi Robin Hood». Che rubano soprattutto per sé, ma possono essere degli esempi: «Per gli spettatori loro non sono ladri, ma eroi».
Renato Franco, Corriere.it