Il nuovo film del regista Almodóvar ruota attorno all’infanzia, agli amori, ai ricordi.
La musica anni Sessanta (Mina in primis), i colori sempre accesi, la cura per i dettagli, le inquadrature quasi fossero quadri. Ogni film di Pedro Almodóvar è un viaggio nel tempo, nella memoria, nelle passioni segrete e negli amori perduti. Non è da meno, anzi, Dolor Y Gloria, il suo ultimo film uscito nelle sale italiane venerdì 17 maggio e presentato in concorso al 72esimo Festival di Cannes.
Per Almodovar si tratta del ventiduesimo film, e mai come in questo caso è vera la frase «è la pellicola più autobiografica del regista».
Protagonista del film è infatti Salvador Mallo, un cineasta in crisi che ripercorre i momenti più salienti della propria vita: l’infanzia negli anni Sessanta, quando si trasferì con la sua famiglia a Paterna, vicino a Valencia; il suo primo grande amore nella Madrid di vent’anni dopo; il dolore per la fine del rapporto e la terapia del cinema e della scrittura come rimedi alla depressione.
Per l’occasione, Almodovar ha richiamato a sé Antonio Banderas, che esordì proprio con lui nel 1982 in Labirinto di passioni, e la sua musa Penelope Cruz, che sullo schermo interpreta proprio la mamma del protagonista Banderas, ossia Mallo da piccolo. A Vanity Fair che gli ha dedicato la copertina, Almodovar ha raccontato che questo è un film «sull’amicizia, sul rapporto con i genitori, l’infanzia, la solitudine e il desiderio».
La pellicola, sia per l’atmosfera sia proprio per sinossi, richiama a 8/12 di Fellini ed è piena di italianità: l’ambientazione “a La ciociara“, Mina che canta Come Sinfonia.
Raffaella Serini, Vanity Fair