(Vittorio Feltri, discount Il Giornale) Agli intelligentoni che lo denigrano perché coltiva un facile successo, segnalo: se il successo fosse tanto facile, ce l’avrebbero anche loro. Paolo Del Debbio, 57 anni, toscano di Lucca, ottimi studi, è la dimostrazione che un intellettuale può tranquillamente recitare nel ruolo dell’uomo qualunque (Guglielmo Giannini non c’entra), mentre il contrario è impossibile.
Egli conduce una striscia serale su Rete 4, Dalla vostra parte , e per la stessa emittente cura pure Quinta colonna , in onda ogni lunedì. Entrambi i suoi programmi registrano ascolti eccellenti, ed è ciò che conta ai fini di un giudizio (in questo caso positivo) sul conduttore.
I suoi prodotti sono di largo consumo, rivolti a un pubblico stanco dei dibattiti noiosi e ripetitivi sul sesso degli angeli e anche delle donne che ormai affollano i palazzi del potere avendo ottenuto la «parità dei fessi», nel senso che le signore impegnate in politica, se sono somare, lo sono nella stessa misura dei colleghi maschi. Del Debbio se ne infischia dell’Italicum e delle conseguenze del medesimo; preferisce occuparsi dell’immondizia che insozza le città e dei rom che, oltre a insozzare, rubano; s’interessa con passione ai problemi di chi cerca lavoro, al punto da trovargliene spesso uno. Insomma si dà da fare e porta a casa risultati superiori a quelli del guru di sinistra Michele Santoro, ed è tutto dire.
Per questo probabilmente i critici televisivi ne parlano male, muovendogli ogni sorta di rimprovero, il più ricorrente dei quali è che Paolo tende a solleticare la pancia degli ascoltatori, trascurando la loro testa, come se fossero acefali. Un’accusa infondata, dato che il conduttore in materia di pance è assai selettivo: gli piace solo il ventre delle belle ragazze, una minoranza ininfluente sull’audience.
Del Debbio comunque non si preoccupa degli strali dei censori: sa che le persone perdonano tutto ai propri simili tranne la popolarità, specialmente se meritata. A titolo di consolazione gli ricordo che Indro Montanelli, considerato il Papa dei giornalisti, spiegò così il fatto che il suo Giornale , una volta diretto da me, aveva raddoppiato la vendita delle copie: «Feltri si è affermato perché vellica i peggiori istinti della borghesia». Esattamente ciò che egli fece una vita intera, cavalcando da anticonformista ogni conformismo, tant’è che cominciò fascista, divenne democristiano (a naso turato), e morì progressista dopo aver combattuto anni e anni i comunisti e affini.
La vicenda di Paolo è addirittura paradossale. Molti soloni che scrivono sui giornali lo disprezzano perché usa un linguaggio semplice, diretto, colloquiale, da bar Commercio. Fingono di ignorare che ciò è un pregio, poiché la televisione non è un mezzo d’élite. Del Debbio, fra l’altro non è un buzzurro come viene dipinto, ma un signore, un professore universitario; ha avuto buone letture e scrive con garbo: fu lui l’autore del primo programma elettorale di Forza Italia.
Oggi non si occupa più di politica in senso stretto; continua a stare in cattedra e si esibisce in video con lo stile adatto alle trasmissioni giornalistiche di Rete 4. Se si comportasse diversamente non sarebbe un abile professionista. Non credo che egli aspiri per questo al Nobel. Gli basta, suppongo, il consenso della gente fin qui talmente soddisfacente da indurre i dirigenti dell’antenna a tenerselo caro.
Quanto agli intelligentoni che lo denigrano perché coltiva un facile successo, segnalo: se il successo fosse tanto facile, ce l’avrebbero anche loro.