La guerra dello streaming è aperta. E i rivali di Netflix sono in agguato. Stanno confluendo sul nuovo terreno di scontro grandi nomi nel settore dell’intrattenimento e del mondo della tecnologia. Come ormai è risaputo, un annuncio di una mega operazione è atteso da Apple il 25 marzo, con la partecipazioni di star come il regista J.J. Abrams e l’attrice Jennifer Aniston. Un evento speciale, allo Steve Jobs Theatre a Cupertino, in California, dal titolo «I’t’s show time», in cui è atteso il lancio di un nuovo servizio TV in streaming, analogo a quello di Netflix e Amazon Prime video. Film, show e serie tv, forse anche news.
Il gruppo Disney, invece, prevede di lanciare il suo servizio di streaming Disney + quest’anno, così come WarnerMedia, la nuova attività di intrattenimento e media di AT & T. Questi nuovi player nel mondo dello streaming, la cui lista è destinata a crescere, potrebbero oscurare Netflix, che guida il settore servizi video su Internet con 140 milioni di abbonati in 190 Paesi, ma anche Amazon e Hulu. A questo comparto di intrattenimento televisivo va aggiunta anche Sony, che questa settimana ha aperto anche in Italia il proprio servizio di streaming per i videogiochi, quel Playstation Now partito negli Usa nel 2015 e ritenuto dai vertici di Netflix come uno dei principali concorrenti al proprio business di intrattenimento. Sulla scia di Playstation – in questa competizione che mette a confronto due media diversi ma spesso convergenti come film/serie tv e videogame -, sono pronti a scendere in campo anche Google e la stessa Amazon.
Nello scenario sette o otto piattaforme di streaming e quindi una enorme competizione per nuovi programmi e programmi popolari, secondo gli esperti. Il settore è stato trasformato dallo spettacolare sviluppo di Neftlix e dalla crescente popolarità fra i consumatori della televisione on-demand via Internet. Sei milioni di persone hanno cancellato l’abbonamento ai pacchetti televisivi tradizionali dal 2012 negli Stati Uniti mentre gli abbonamenti ai servizi di streaming sono esplosi, secondo le stime del gruppo Leichtman Research. Proprio come Netflix ha stravolto le abitudini di consumo del piccolo schermo, i suoi rivali ora intendono destabilizzare il gigante dello streaming. Soprattutto dal momento che il servizio di streaming lanciato nel 2007 deve preoccuparsi in termini di contenuti di fronte alle due grandi aziende di Hollywood, Disney e Time Warner (ribattezzato WarnerMedia). Questi gruppi «hanno cataloghi di grandi dimensioni, quindi il costo del loro contenuto è molto inferiore a quello di Netflix, che deve pagare per tutti i suoi contenuti», spiega Laura Martin, analista di Needham & Co. «Netflix perderà il beneficio di fronte a questi nuovi soggett». WarnerMedia conta ad esempio di lanciare il suo servizio, offrendo il contenuto del suo canale HBO, che trasmette la serie «Game of Thrones», e il vasto catalogo di film e programmi da Time Warner.
Dal canto suo il servizio Disney può vantare il catalogo storico di film e programmi televisivi e la collezione della 21st Century Fox, che il gruppo sta acquistando. Quindi anche «Star Wars» e i supereroi Marvel. Secondo Alexia Quadrani, di JP Morgan, Disney potrebbe diventare un peso massimo nel settore con 45 milioni di abbonamenti negli Stati Uniti e 115 milioni in tutto il mondo. Alan Wolk fa un’altra previsione: «Le persone si iscriveranno a un servizio per guardare un programma, quindi sarà facile cancellarlo e passare a un’altra» piattaforma. Per alcuni analisti, Netflix non ha motivo di farsi prendere dal panico. Per il momento, almeno. «Netflix capisce il business, sa cosa vuole il consumatore», afferma Dan Rayburn, specialista di streaming di Frost & Sullivan. Ma i concorrenti dell’industria tradizionale potrebbero col passare del tempo essere in grado di sfruttare la loro base di utenti e la loro infrastruttura, eliminando così il vantaggio di Netflix. I gruppi storici dovranno però essere «veloci e agili» e non è sicuro che ne siano capaci. Prendiamo Apple: per diventare un peso massimo, l’azienda della mela dovrebbe acquisire un fornitore di contenuti come CBS o Sony Pictures.
Corriere.it