MOONLIGHT, MANCHESTER BY THE SEA, AUTOBAHN – FUORI CONTROLLO, MAMMA O PAPA’? Recensione, scheda tecnica e voto
MOONLIGHT di Barry Jenkins. Con Alex R. Hibbert, Trevante Rhodes, Mahershala Ali. USA 2016. Durata: 110’. Voto 4/5 (DT)
Se c’è un film che può frenare l’oramai inarrestabile corsa di La La Land alla Notte degli Oscar 2017 si chiama Moonlight. L’opera seconda di Barry Jenkins è il vero oggetto alieno di questa stagione hollywoodiana che chiuderà i battenti il prossimo 26 febbraio 2017 proprio con l’assegnazione dei premi dell’Academy, dove Moonlight si presenta con ben otto nomination, tra cui quella per il miglior film. Sarà un parere molto radical chic, ma giusto per citare uno dei tanti giudizi positivi della critica, A.O.Scott sul New York Times titola così il suo breve e denso intervento sul film: “Moonlight: Is This the Year’s Best Movie?”. Domanda ben poco retorica, perché l’opera produttivamente indipendente (i dollari sono della A24, quelli di Room per intenderci) di Jenkins sembra un lavoro apparentemente orientato su uno spaccato sociologico di periferia, quando invece con lo scorrere dei minuti esplode in un pulsante e ribelle ritratto intimista di crescita e affermazione di sé, per un protagonista nero, Chiron, che attraversa tre fasi della vita (infanzia, adolescenza, età adulta) mostrando, dapprima in controluce poi sempre più in primo piano, la contrastante e faticosa normalità tra omosessualità e machismo criminale. Da Moonlight non si sfugge. L’Academy non potrà dimenticarlo così facilmente.
MANCHESTER BY THE SEA di Kenneth Lonergan. Con Casey Affleck, Michelle Williams, Kyle Chandler. USA 2016. Durata: 137′ Voto:3,5/5 (AMP)
Lee, idraulico taciturno residente a Boston, apprende con dolore la morte dell’adorato fratello maggiore Joe. Giunto nella cittadina natale Manchester by the Sea, il giovane deve gestire la necessaria burocrazia e scoprire di esser stato nominato tutore legale del nipote divenuto orfano. Il rapporto fra i due si avvia con reticenza e reciproco rifiuto, specie perché Lee deve sostare nel luogo d’origine più tempo del dovuto, ovvero a sufficienza per riaprire antiche ferite legate a una tragedia che lo ha allontanato dalla comunità d’appartenenza e dalla moglie. Scritto e diretto dal talentuoso Kenneth Lonergan di cui è facile ricordare Conta su di me del 2000, Manchester by the Sea è il dramma cupo e intenso di un’umanità chiusa in se stessa e da un luogo dalla natura impervia che contribuisce a svilupparne il carattere ostile. Lee, interpreto da un ottimo e già pluripremiato per il ruolo Casey Affleck, è l’effetto atavico e circostanziale di tutto questo, sintomo di un malessere radicato certamente nella cultura locale ma anche di un Paese intero che tuttora fatica a superare il proprio Peccato Originale. Ricchissima la lista dei riconoscimenti ottenuti da questo “drama” cristallino, fra cui 7 nomination all’Oscar.
AUTOBAHN – FUORI CONTROLLO di Eran Creevy. Con Nicholas Hoult, Felicity Jones, Ben Kingsley. GB/Germania 2016. Durata: 98’ Voto 3/5 (DT)
Se l’unica ragione è l’amore nessun gesto appare folle. Dopo essersi ritirato dal giro tedesco del traffico di droga, Casey, un delinquentello con la faccia pulita, si innamora della barista Juliette (Felicity Jones bionda) e per stare con lei taglia i ponti con il suo “datore di lavoro”, il gangster Geran (un Ben Kingsley tamarro con accetto arabo stre-pi-to-so). Ma la malattia della ragazza, curabile solo con un costoso trapianto, costringe Casey a tornare nel giro di Geran. Dovrà rubare un camion che trasporta droga all’industriale Hagen (un regale e sadico Hopkins), boss mefitico che attorniato da tiratissimi scagnozzi dalle folte barbe curate cita Shakespeare prima di uccidere. Scoperto il furto, Casey scappa cambiando decine di auto per mezzo Nord Reno-Westfalia inseguito da Hagen e soci, con l’apoteosi sul set di una trafficatissima autostrada. Eccellente esempio di cinema d’intrattenimento, action purissimo, stiloso e divertente con stunt men a profusione, dove contano ritmo e reiterato salvataggio dell’improvvisato eroe/pilota. Il resto, dalla storia d’amore all’intreccio della trama, non deve significare granché se non dare la stura all’escalation dell’azione. Sfoggio di bolidi, suv, berline e familiari turbo da fracassare. Bisogna comunque attendere una mezz’oretta prima che il motore, messo su di giri dall’ottimo Creevy (Shifty, Welcome to the punch), si scaldi. Produce il veterano dell’action con humor Joel Silver (Arma letale, Die Hard, Sherlock Holmes). Nicholas Holt è planato a Colonia senza un livido dal pianeta di Mad Max: Fury Road gridando Valhallaa!
BALLERINA di Eric Summer & Eric Varin (animazione). Francia/ Canada 2016. Durata: 90’ Voto: 3/5 (AMP)
“Ai sogni non si rinuncia”. L’orfana Felicie è un’adolescente orfana ospite di un orfanotrofio in Bretagna; con l’amico del cuore Victor è decisa a fuggire verso Parigi per coronare il suo sogno: diventare una ballerina. La sorte la fa incontrare con Odette, misteriosa giovane donna zoppicante che fa le pulizie in un grande palazzo: è da lì che inizierà l’avventura di Felicie verso il coronamento del proprio desiderio. Animazione di livello e di produzione imponente (Gaumont), Ballerina raccoglie tutte le suggestioni dell’inseguimento del Sogno di vita a tutti costi, quello che diventerà il Sogno Americano a giudicare da una esplicita citazione all’interno del film. Felice è un po’ Cenerentola e un po’ David Copperfield passando per Flashdance, concentrato di ottimismo e ostinazione, grazia e talento. Per quanto meno originale delle premesse, il film è godibile e accattivante. Peccato l’enfatico doppiaggio italiano.
MAMMA O PAPA’? di Riccardo Milani. Con Antonio Albanese, Paola Cortellesi, Carlo Buccirosso. Italia 2017. Durata 98’. Voto 2–/5 (DT)
Cittadina di provincia nel Nord Est. Gli affermati Nicola, ginecologo, e sua moglie Valeria, ingegnere, hanno tre figli pestiferi e ghignosi da gestire nonostante come coppia abbiano iniziato a separarsi consensualmente. Lui però riceve l’ok per un progetto in Mali, mentre lei guadagna una promozione importante in Svezia. Ma visto che si vogliono comunque bene, Valeria si sacrificherà per il marito accudendo i figli. Mal gliene incolse. Due passi indietro per salutare il marito e scopre che Nicola in Malì andrà con la giovane dottoressa con cui sta pomiciando al bar. Nessuno dei due vuole così accollarsi i figli rinunciando alla propria carriera facendoli diventare vittime dei loro peggiori dispetti per liberarsene. Commedia dal plot esilissimo e poco plausibile nel suo comico realismo, già imbastita sulla matrice originale molto francese nel suo inarrestabile e tramortente chiacchiericcio (Papa ou maman è del 2015 e in Francia è appena uscito il sequel), Mamma o papà perde definitivamente quota quando la macchina da presa diventa un impersonale aggeggio da azionare, e gli attori principali fin dal primo ciak sono già con la testa al prossimo impegno di lavoro. La Cortellesi con quel suo finto e stentato accento veneto è da ululati. Albanese fa ancora prima non provando nemmeno a recitare. Monumento invece a Buccirosso: le sue apparizioni illuminano di classe e umorismo il generale scialbore.
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