A poco più di tre anni dallo scioglimento, viene ristampata lʼintera discografia dello storico complesso italiano. Tgcom24 ne ha parlato con uno dei suoi componenti più noti
Il 30 dicembre del 2016, con un concerto all’Unipol Arena di Bologna, calava il sipario su un pezzo fondamentale della nostra storia musicale. I Pooh si scioglievano dopo 50 anni di musica. Adesso l’intera discografia del gruppo viene ristampata per un cofanetto da collezione. “E’ l’occasione per rivedere la nostra storia da una prospettiva diversa e farla conoscere anche ai giovani – dice Roby Facchinetti -. C’è ancora tanta voglia di Pooh”.
Operazione promossa da Mondadori e Sony Music, la collana “Pooh – Le Canzoni della Nostra Vita”, ripercorrerà tutti gli album in studio e i migliori live in 32 cd (29 cd singoli, 2 doppi e un triplo cd) in un’elegante edizione nell’ultima versione di rimasterizzazione, ampliata da contenuti esclusivi. Ogni uscita sarà infatti arricchita da un fascicolo, corredato da foto, immagini e interviste inedite in cui gli artisti raccontano aneddoti e curiosità sulla nascita dei brani che li hanno resi celebri. La collana, disponibile solo in edicola, è partita il 10 gennaio con “Opera prima”. “Abbiamo lasciato il segno, 50 anni sono tanti, 32 album, senza contare le compilation e i 45 giri che tanto andavano tra gli anni 60 e i 70. Tanta musica. Questa operazione mi dà la consapevolezza di quanta musica abbiamo prodotto” dice Facchinetti.
Rivivendo questa lunga storia musicale cosa pensi?
Mi viene da pensare: “Bravi Pooh!”. Siamo riusciti a portare questa storia al 50ennale. E non è stato facile. Abbiamo vissuto tantissimo insieme, ci sono stati momenti difficili, ma abbiamo sempre tenuto duro. Portando avanti la nostra storia con un dogma: quello della condivisione. Dovevamo condividere tutto, al punto che se ci trovavamo in studio e stavamo decidendo qualcosa, nessuno poteva alzarsi nemmeno per andare in bagno fino a che non eravamo arrivati alla soluzione. Questo concetto è uno dei nostri segreti.
Che effetto ti ha fatto immergerti di nuovo nella vostra storia, dall’inizio alla fine?
Vedo questa operazione più da spettatore. E vedo i Pooh come un grande esempio di amicizia, coesione, musicalità, ricerca e passione, senza dare mai nulla di scontato. Poi abbiamo chiuso richiamando D’Orazio, che era andato via nel 2013, e Riccardo Fogli, che mancava da trent’anni. Questo è un bel modo per ricordare la nostra storia e magari farla conoscere ai giovanissimi.
Riprendendo in mano tutti i vostri lavori hai riscoperto qualcosa? C’è magari una canzone o che avrebbe meritato di più?
Disco che avrebbe meritato di più? C’è una canzone inserita nell’album “Uomini soli” (che esce proprio questa settimana – ndr), che si intitola “Città proibita”. E’ stata scritto nei giorni in cui erano ancora freschi i fatti di piazza Tienanmen. E’ un brano che ho riscoperto per il valore che ha e per l’intuizione che ebbe Valerio a scrivere di quell’argomento.
E un album che ti senti citare?
Tra i tanti direi “Parsifal”. Un album, e il relativo brano, straordinario, fatto nel 1973 nel cuore del progressive sinfonico. Un disco che ha un valore speciale perché fu il primo realizzato dopo l’uscita di Riccardo Fogli. Un addio per noi doloroso, che poteva segnare anche la nostra fine, invece tirammo fuori orgoglio e qualità per realizzare un disco di quel genere. Ho un grande sentimento di riconoscenza per tutti quelli che sono passati nella band. I cambiamenti sono serviti per tirare fuori il meglio di noi.
Qual è il grosso pregio di un’operazione di riscoperta come questa?
Un’operazione di questo tipo permette di dare oggi a tutti i brani il giusto valore. Sono tutti lavori irripetibili, figli del loro tempo, fatti in quel determinato anno perché si respirava quell’aria. C’è anche un po’ di tristezza, lo ammetto. Perché se oggi dicessi “voglio fare un disco come ‘Un po’ del nostro tempo migliore'”, sarebbe impossibile. In quel momento eravamo al nostro meglio, un anno dopo era già un’altra cosa. Ma di contro c’è la preziosità dell’unicità.
A tre anni di distanza non c’è nessuna voglia di riaprire quella storia, anche solo per un evento unico?
E’ una storia chiusa perché per 50 anni abbiamo seguito una linea di rispetto, nei nostri confronti e in quelli del pubblico, che non possiamo tradire. Già senza Stefano e Negrini i Pooh non esistono più. Non esistono “quei” Pooh, che sono quelli che noi e la gente vogliamo. Il nostro tour della reunion ha provocato 600mila biglietti venduti, perché abbiamo detto che era l’ultima volta. E l’ultima deve essere. Di contro cosa potremmo fare? Andare avanti in tre? Non sarebbe giusto.
Ma il gruppo fa ancora parte di te?
Certo. La consapevolezza che sia una storia finita è comunque una sofferenza. Ogni notte sogno i Pooh, non esagero. Sogno di fare qualcosa, di preparare un concerto, di essere in tour… Sono stati 50 anni della mia vita vissuti a un’intensità pazzesca. Siamo stati più tempo sul palco che con le nostre famiglie. Tutto questo non si cancella.
Tgcom24