La cantante porterà in tribunale il padre, Ronald Fenty, accusato di aver sfruttato il suo marchio senza autorizzazione. Ma nel mondo dello spettacolo non è certo la prima battaglia legale che si svolge in casa…
Si dice che nell’antica Grecia il poeta Iofonte fece causa al padre Sofocle per questioni d’eredità. Anche Rihanna ha deciso di portare in tribunale papà Ronald, anche se il rapporto di forza in questo caso è sbilanciato in favore della figlia: da una parte c’è lei, artista di fama mondiale, imprenditrice multimilionaria e icona globale, dall’altra invece c’è un uomo accusato di aver sfruttato marchi e risorse della cantante senza il suo permesso.
Tutto ruota intorno al brand «Fenty», dicitura che Rihanna utilizza in numerose sue imprese (vedi la Fenty Beauty) e che pure Ronald ha deciso di usare per creare una società per la gestione di talenti. A dire il vero, Fenty non è altro che il cognome di famiglia e quindi appartiene, almeno anagraficamente, ad entrambi: Robyn «Rihanna» Fenty e Ronald Fenty. Secondo quanto riporta TMZ, adesso spetterà ad un giudice dirimere la spinosa questione.
Stando ai documenti rivelati dal sito americano, Ronald è stato inoltre accusato dalla figlia di essersi spacciato come suo rappresentante, cercando di vendere sue apparizioni in America Latina per 15 milioni di dollari. Rihanna pare che abbia chiesto più volte al padre di smettere di usare il suo nome e rappresentarla senza autorizzazione, ma tutte le sue lettere sono rimaste inascoltate. Ecco che adesso lei potrebbe addirittura chiedere i danni.
Sarebbe una beffa atroce per Ronald, che ora è con le spalle al muro. Certo, anche se la questione dovesse arrivare davvero fin dentro un’aula di tribunale, non sarebbe comunque la prima battaglia legale che alcune star combattono in famiglia. Nel mondo dello spettacolo si ricorda la causa del giovanissimo Macaulay Culkin ai genitori per la gestione del patrimonio, poi i litigi in casa Cyrus e Lohan, oltre al maxi risarcimento chiesto dalla madre di Eminem.
Trascinato in tribunale dai figli ci è finito pure Tinto Brass, accusato di dilapidare il patrimonio: «Io come Sofocle», appunto.
Nicola Bambini, Vanity Fair