Il cantautore non andrà a Stoccolma: «Sono onorato ma ho altri impegni». Quali saranno?
Lui è Bob Dylan, non c’è Nobel che tenga. Esultino i fan del rock duro e puro e i fanatici del rock senza compromessi… Qui c’è un uomo tutto d’un pezzo che non si piega alle logiche del mercato e delle convenzioni.
O no? La notizia piove come una bomba sull’Accademia di Svezia. Il signor Bob Dylan il prossimo 10 dicembre non andrà a ritirare il Nobel della letteratura (assegnatogli tra mille polemiche il 13 ottobre) perché «ha altri impegni». Lo ha scritto di suo pugno in una lettera all’Accademia, «una lettera personale nella quale spiega di non potersi rendere disponibile a raggiungere Stoccolma per accettare il premio», dicono dalla Svezia. Tipico di Dylan, schivo e ritroso fino alla maleducazione. È il suo ennesimo schiaffone al Nobel. Quali saranno questi suoi misteriosi impegni? Quel giorno non è previsto alcun concerto del suo «neverending tour», mentre le date degli spettacoli sul suo sito sono tutte confermate anche per l’anno prossimo. Eppure era andato molto ossequiosamente – con «Tuxedo» regolamentare – dal Papa, forse per curiosità o per un retaggio della sua svolta cristiana fatta di album come Slow Train Coming. Ma questo Nobel, che peraltro ha fatto diventare verdi d’invidia fior di scrittori, sembra non interessare più di tanto il cantautore. Intanto non ha neppure ringraziato gli accademici paludati che lo hanno premiato, rispondendo loro con un assordante silenzio. (Anche se la segretaria dell’Accademia, Sara danius, ha detto di aver ricevuto una telefonata in cui Bob si definiva: «senza parole»). Il 22 ottobre, nove giorni dopo l’assegnazione, il professor Per Wastberg, dell’Accademia, si presenta infuriato alla televisione svedese e definisce Dylan un maleducato e un arrogante per non essersi ancora messo in contatto e non aver accettato ufficialmente – come è d’obbligo – il Premio.
Il poeta laureato in musica si era degnato di rispondere dalle colonne del Daily Telegraph, mettendo subito le mani avanti con la frase sibillina: «Ci andrò se potrò». Evidentemente non può… Sarebbe curioso scoprire cosa c’è, nella scala di valori di Dylan, di più importante da fare la sera del 10 dicembre. Comunque il comunicato dell’Accademia dice che saranno date ulteriori notizie domani. Mah. Sempre sul Telegraph Dylan si era lasciato andare – stava lanciando a Londra una delle sue ormai numerose mostre di pittura – addirittura entusiasticamente per il suo carattere dicendo: «Il Nobel? Gran bella cosa. È difficile da credere. Emozionante e incredibile. Chi non sognerebbe una cosa del genere?». Evidentemente, come sanno tutti i suoi fan, il cantautore sa mascherare bene il suo entusiasmo e i suoi sogni. Anche alla domanda se le sue canzoni fossero equiparabili a vere poesie e opere d’arte, Dylan ha detto con poca modestia «direi di sì, almeno in parte», citando inni «biblici» come A Hard Rain’s A-Gonna Fall, tratta da un’antica ballata angloirlandese. Sul suo sito ufficiale era anche comparsa la dicitura «Nobel Laureate», poi tolta in tutta fretta dopo la sfuriata televisiva di Wastberg. Eppure lui continua la sua vita; il giorno dopo il conferimento del premio tiene un concerto e non dice una parola… Del resto lui sul palco non parla, non guarda neppure il pubblico… Si mette lì di sbieco – inforcando la chitarra o suonando il piano elettrico – e si diverte a declinare il suo «verbo» cambiando a suo piacimento le canzoni, trasformando Blowin’ In the Wind in un walzerone e cantando con il filo di voce avvizzito di un vecchio marinaio ubriaco.
Il Giornale