(di Tiziano Rapanà) Ci siamo, finalmente Giampiero Mughini è entrato nella casa del Grande Fratello. Ma sì è bello buttarsi nella curva a tifare, sfrontatamente e mandando a quel paese l’istinto da self control. Forza Mughini, devi vincere tu! E al diavolo le conversazionacce contro il Grande Fratello e tutto il mondo del reality. Non è un demi-monde nazionalpopolare, ma un genere televisivo degno e legato ad una sana esigenza di fare ascolto. Molto meglio dell’alterigia da servizio pubblico esibita negli sguardi e nelle parole degli aspiranti officianti, della messa cantata del culto dell’informazione dominante. E allora mi tuffo nel cuore dei battibecchi del “Grande Fratello” condotto da Alfonso Signorini con Cesara Buonamici. Se ne vadano a strafottere i catoni della peggiore risma amichettistica, tutti intenti a leggere e consigliare libercoli di quart’ordine. Io voglio sostenere intellettualmente Giampiero Mughini e sperare di vederlo trionfare alla fine dell’ultimo atto. Lo sogno vincitore, tra i concorrenti vips e i promettenti camminatori del percorso che porta all’agognata popolarità. Mughini è una presenza che riluce d’alterità rispetto all’esistere in tv. Scrittore, giornalista, collezionista del meglio dell’arte del Novecento, bibliofilo di gusto, è parte della cultura italiana di questi ultimi quarant’anni. Ieri è entrato nella Casa (la c è maiuscola, in segno di riverenza: il luogo è diventato sacro per milioni di telespettatori) e già si parla tanto di lui. Per questa nuova edizione, si parlava di un ritorno allo spirito del tempo del primordio ma l’animo popolaresco consueto ha preso il sopravvento. Avanti tutta con il talento di Mughini. Metto idealmente al bando i propugnatori della presunta televisione di qualità, che con fare intransigente propone una finta cultura legata alle suggestioni della moda corrente. Bisogna liberarsi dal moralismo, il est temps de passer aux choses.