Oggi, giovedì 17 agosto ricominciano le interviste di DAZN Heroes, il format di contenuti originali ed esclusivi della piattaforma di intrattenimento e live streaming sportivo, che racconta i protagonisti e le storie più appassionanti dello sport.
La nuova stagione della serie Heroes si apre con la prima intervista esclusiva in Italia al nuovo allenatore del Napoli: Rudi Garcia. A intervistarlo in occasione del ritiro della squadra a Castel di Sangro (AQ), in preparazione per una nuova entusiasmante stagione di Serie A Tim, è Pierluigi Pardo.
Classe ’64, Garcia chiude il capitolo con la Lega Saudita Professionistica per ritornare in Italia, a Napoli, dove “il calcio è religione più che passione”, riapprodando per la seconda volta nella Serie A dopo l’esperienza alla Roma conclusasi nel 2016.
Un compito importante sulle sue spalle: spingere il Napoli, fresco di scudetto, a ripetere l’impresa nel campionato alle porte, portando novità e coltivando lo spirito di squadra dei suoi giocatori. Si delinea anche l’obiettivo della Champions League, per cui il Mister dovrà comporre una rosa forte, bilanciando le giocate nelle due competizioni.
Nell’intervista esclusiva a DAZN, il rapporto di Garcia con la Presidenza, la stima per i colleghi Spalletti e Mourinho, il ricordo di Cristiano Ronaldo e Totti, passati sotto la sua guida nei lunghi anni di carriera, fino al vivaio di talenti del Napoli: Raspadori, Osimhen, Kvaratskhelia e il suo capitano Di Lorenzo: “Può essere solo lui” a ricoprire il ruolo.
Di seguito alcune delle dichiarazioni emerse durante l’episodio:
Sulla concezione del calcio a Napoli
“Io ho vinto il campionato con il Lille 52 anni dopo (l’ultima vittoria, ndr) e la coppa di Francia lo stesso anno, dopo 55 anni, ed è stato molto bello vincere, però devo dire che la passione a Napoli va oltre: è una religione. Per me il calcio è questo e dovrebbe essere sempre così”.
Sul gioco di Garcia
“I miei giocatori hanno spirito collettivo e sono bravi sul gioco di prima. Stiamo coltivando queste caratteristiche”.
Il prossimo Napoli
“C’è sempre possibilità di migliorare. Ho parlato di una squadra un po’ più camaleontica. Quando arrivi in un ambiente vincente la cosa che ti aspetti è che ogni volta che provi a migliorare qualcosa dicano: “Ma l’anno scorso ha funzionato”. Sì, però se volete che funzioni ancora quest’anno dobbiamo fare un ulteriore step e portare novità. Secondo me, per un gruppo è sempre interessante avere cose nuove, perché altrimenti ti annoi un po’”.
Su Giacomo Raspadori e Victor Osimhen
“Raspadori può fare mezz’ala, esterno, trequartista, anche punta: l’ha fatto già fatto in maniera importante all’Ajax”.
“Dobbiamo anche avere la capacità di giocare a due punte (con Giovanni Simeone e Victor Osimhen, ndr). Victor è un trascinatore pazzesco: vuole vincere e trascina la squadra. Un po’ come Cristiano Ronaldo: quando vince è contentissimo, chiama la squadra, vuole fare la foto ricordo…mi piace, fa parte dei migliori al mondo come centroavanti. È bello vedere che un giocatore che potrebbe giocare solo la fase offensiva difende come un matto, pressa, torna indietro, aiuta la squadra. Una delle qualità di questo gruppo è questa. Non fanno solo un gioco offensivo di qualità, ma lavorano. Questo ci serve, altrimenti non puoi vincere”.
Su Khvicha Kvaratskhelia
“Kvara può migliorare ancora tanto, quando dribbla è bello da vedere”
Sul suo capitano, Giovanni Di Lorenzo
“È un uomo di grande qualità perché pensa agli altri. Per questo è già un capitano. Poi è un leader perché motiva la squadra, è un esempio. E poi è un bel giocatore. Normalmente faccio sempre così: arrivato in un club, mi do il periodo del ritiro, tre settimane su sei, per dire chi sarà il capitano della mia squadra, perché lo voglio scegliere io il capitano; però ho bisogno di tempo per fare i colloqui individuali con tutti, vederli in campo, vederli anche vivere fuori campo con il gruppo. Invece non ho avuto nessun dubbio sul fatto che il mio capitano sarebbe stato Giovanni di Lorenzo, perché poteva essere solo lui. Ci sono altri bravi, leader, che potevano essere scelti. Ma credo alle onde positive: se un ambiente va bene ai giocatori, perché cambiarlo?”
Sulla Presidenza
“Parliamo di gente di alto livello. Il presidente, la sua squadra vicina, Andrea Chiavelli, Maurizio Micheli… loro sanno tutto di te, conoscono la tua carriera, conoscono il tuo modo di allenare; quindi, se ti fanno venire sono interessati perché sanno quello che puoi portare”.
Obiettivi per il Napoli
“Il Napoli l’anno prossimo deve giocare in Champions League, questo è la base”.
“Per la Champions serve una rosa forte. Quando giochi l’Europa League ti puoi concentrare al 100% sul campionato perché il girone normalmente lo superi e quando arrivano gli ottavi e i quarti di finali comincia a diventare serio. Invece quando giochi la Champions è quasi al contrario: i giocatori sono quasi fissati sulla Champions e devi ricordare loro che il loro pane quotidiano è il campionato. Quello che ti porta alla Champions l’anno dopo è il campionato. Quindi dobbiamo essere bravi a giocare le due competizioni, per questo ti serve una rosa”.
Sull’aver lasciato l’Arabia Saudita per primo, in controtendenza con le scelte attuali dei giocatori
“Ho aperto la porta”.
Su Cristiano Ronaldo
“Cristiano è arrivato nel mio club a gennaio. È un grande campione, ho avuto un bel rapporto con lui: adesso che lo ho allenato capisco perché ha fatto questa carriera. Arrivava prima di tutti, se ne andava per ultimo, faceva sempre le sue routine. E poi in campo è un trascinatore pazzesco, anche in allenamento. Alla fine dell’allenamento gli attaccanti rimanevano per fare un po’ di tiri e quando vinceva esultava, come se avesse vinto la Champions”.
Su Francesco Totti
“Un grande campione, l’uomo e il giocatore. È uno dei pochi che vedeva prima di tutti sul campo e aveva la qualità tecnica per realizzare quello che aveva visto. Il suo gioco di prima era pazzesco”.
Garcia parla anche del collega Spalletti
“Gli ho lasciato il posto alla Roma e lui me l’ha lasciato qua al Napoli. Rispetto l’allenatore: ha fatto grandi cose”.
E di Mourinho racconta
“L’ho già incontrato quando era al Real Madrid in una partita amichevole in America, adesso è un avversario. La gioia che ha ridato ai tifosi della Roma è importante, lo stadio sempre pieno, ha vinto tante cose, ha un palmares pazzesco. A volte non sei profeta in patria, forse sono più riconosciuto in Italia che in Francia: forse non guardano abbastanza indietro. La cosa bella per un allenatore sono i suoi ex calciatori che parlano di lui. Se c’è una grande percentuale di buoni pareri, allora vuol dire che hai fatto abbastanza bene”.
Sul rapporto con i tifosi della Roma
“Sono andato a un concerto all’Olimpico appena dopo aver firmato con il Napoli. Sono stati veramente carini, mi hanno detto “Peccato, ma ti vogliamo bene. Auguri e in bocca al lupo”.