Lasciate giocare i cucinieri televisivi con la tradizione

Lasciate giocare i cucinieri televisivi con la tradizione

(di Tiziano Rapanà) E così capita che, con i conoscenti, ci si immerga nel nulla ciarliero inframmezzato da sorsi di caffè e occhiatine ai quotidiani. Non è il caso che facciate uno sforzo d’immaginazione, è una bazzecola di piccolo conio. La cosetta può aver avuto luogo anche in un bar. La sostanza non cambia. Il dramma farsesco è quello. E cioè il purismo eccessivo esibito anche nelle questioncelle. Tutto ruota sulle orecchiette con le cime di rapa, piatto cuspide della architettura gastronomica pugliese. Vero punto d’incontro tra realtà anche diversissime come Bari e Lecce: l’orecchietta unisce. Eppure io preferisco gli spaghetti. Non l’avessi mai detto. A saperlo non avrei arrischiato di dire, in quella maniera così leggermente spudorata, la mia preferenza. Una spudoratezza che è, lo ammetto, tipica di chi vorrebbe darsi – più per noia che per diletto – ad una lieve canzonatura. Il suo tono perentorio mi avverte con chiarezza: “Orecchiette o nulla! La tradizione parla chiaro”. Il mio interlocutore è un ex devoto di fast food e affini. Ora, con la foga del convertito, vuole convincermi a onorare la consuetudine culinaria regionale con il rigore tipico di chi è ammantato di ortodossia. Io mangio come mi pare: gli spaghetti – e di buoni ce ne sono tanti, io vi consiglio di provare quelli della pregevole azienda salentina Benedetto Cavalieri – mi sembrano più adatti per essere il centro delle attenzioni delle rape. Non mi pare il caso di litigare per una fesseria. Così il conoscente parla e io fingo di ascoltare e dargli corda. Intanto la mente bighellona per conto suo. Non è il caso di fare una polemica con parole che si prospettano di bassa qualità. Non c’è materiale intellettuale per poter ipotizzare la nascita di una tenzone. In tv mi capita, sovente, di guardare rivisitazioni ardite – e talvolta seducenti – di grandi classici della tradizione culinaria. Non vedo lo scandalo, eppure ci si ammanta di vergogna. “A modo mio” è la giustificazione tipica dei cucinieri via etere, che temono i manichei della forchetta. Eppure tutto è lecito, anche il ketchup sugli spaghetti (a patto che li mangi unicamente l’indomito sperimentatore). Brigare sull’insignificante è uno sport che non mi piace pratica. Sono notoriamente un pigrone che non ama fare attività fisica. Lasciate stare i cucinieri che vogliono divertirsi a rivoltare il consueto.

tiziano.rp@gmail.com

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