La camera ardente resta aperta fino alle 23 e poi martedì 18 fino alle 10 e 30, mezz’ora prima del funerale in Duomo a Firenze
«L’ho sempre visto come un uomo di una generosità incalcolabile. Chiunque avesse bisogno di aiuto in qualunque senso sapeva che lì c’era una porta aperta. In tutto questo con un atteggiamento beffardo, tranchant, stizzoso, che non sapeva rinunciare all’invettiva. Dava un’impressione più ispida e ostile di quanto non fosse. In realtà era dolcissimo e disponibilissimo». Caterina d’Amico Preside della Scuola Nazionale di Cinema, figlia di Fedele d’Amico, storico e critico musicale, e della sceneggiatrice Suso Cecchi d’Amico aveva tre anni quando ha conosciuto Franco Zeffirelli.
Nel giorno della camera ardente, allestita nel salone dei Cinquecento, a Palazzo Vecchio, a Firenze, lo ricorda come un uomo estremamente diretto ed eccezionale nella sua grande complessità. «Era un uomo dotato di un talento strepitoso che nasceva soprattutto dalla sua capacità di disegnare e quindi di riprodurre. Dipingendo era capace di padroneggiare tutti gli stili e le tecniche e questo gli dava modo di essere eclettico e di adeguare totalmente l’immagine alla natura dello spettacolo stesso».
Anche il fotografo Giovanni Gastel, nipote di Luchino Visconti, lo ha conosciuto giovanissimo. «Ha lavorato ed è stato con Luchino tanti anni. Era l’esempio della lingua fiorentina, cattivo, tagliente, ma anche giusto. Di grandi affetti e di grandissimi odii. Con i bambini era dolcissimo».
Era un lavoratore strepitoso che non si risparmiava mai, con una dedizione totale. Gastel lo ricorda come grande metteur en scene e Caterina D’Amico concorda. «Era sempre diverso perché per lui contava lo spettacolo che metteva in scena, la natura del testo e adeguava lui stesso a quello per estetica e tecnica. Era un uomo che aveva un’alta opinione di sé eppure era sempre al servizio dell’opera. Il regista d’opera su tutto, la cosa che lui amava di più e nella quale nuotava con più gioia».
Il feretro di Franco Zeffirelli è arrivato a Palazzo Vecchio da Roma, dove domenica pomeriggio è stato visitato dal presidente della Repubblica Mattarella, accolto dal lungo applauso di una folla di qualche centinaio di persone. La camera ardente, nel Salone dei Cinquecento, sarà aperta fino alle 23, e poi il 18 giugno, dalle 9 alle 10 e 30. Il sottofondo musicale sono arie d’opera cantate da Maria Callas. I funerali in Duomo sono fissati per le 11 di martedì 18.
Dopo il sindaco Nardella, fra i primi in fila, il soprintendente del Maggio Musicale Cristiano Chiarot, Ermanno Daelli, Toni Scervino e Francesco Ghirelli. «Chiunque abbia lavorato con lui», racconta ancora Caterina D’Amico, «lo ha adorato. Era affettuoso e sentivi che in lui palpitava un interesse vero. Apprezzato più all’estero sì, ma lui stesso aveva una coincidenza di vedere le cose con l’Inghilterra fin da quando ragazzino partigiano incontrò le armate inglesi per fare da interprete».
Per l’ultimo saluto al maestro sono attesi Massimo Ghini, Gianni Letta, Carla Fracci, Andrea Bocelli e molti altri che parteciparono a Firenze all’inaugurazione della Fondazione Zeffirelli due anni fa, che raccoglierà la sua memoria e che lui ha progettato nei dettagli. Dovrebbero arrivare l’ex direttore del Metropolitan Opera House di New York Joe Volpe e Leonard Whiting, interprete con Olivia Hussey del Romeo e Giulietta cinematografico di Zeffirelli. Il regista sarà tumulato nella cappella di famiglia al cimitero monumentale delle Porte Sante, a San Miniato al Monte.
Chiara Pizzimenti, Vanity Fair