Capossela, il Medioevo dei giorni nostri

Capossela, il Medioevo dei giorni nostri

Esce Ballate per uomini e bestie, “un cantico delle creature”

La violenza e il saccheggio della natura; la rivoluzione tecnologica che ha stravolto, a volte anche in maniera drammatica, le nostre vite; la religione e il fanatismo tra senso del sacro e senso del profano; la disperazione della condizione umana. Raccontando un Medioevo immaginifico, che è meno lontano di quanto possa sembrare, popolato di uomini e di bestie poste quasi sullo stesso piano, Vinicio Capossela con il suo amore per il grottesco e per il racconto popolare posa il suo sguardo sull’attualità nel nuovo album, Ballate per Uomini e bestie, in uscita il 17 maggio (La Cùpa/Warner Music).Ad emergere è un quadro non edificante dell’uomo e della società di oggi. “E’ un cantico per le creature – racconta il cantautore – e in quanto tale è compassionevole, è un andare oltre il sé, per accorgersi che ci sono anche altre creature oltre gli uomini. Un disco molto caritatevole, ma per esserlo bisogna guardare con onestà alla propria condizione e vederla nella sua nudità. La storia dell’uomo è una storia di guerre, di crimini, di pestilenze, di ingiustizie. Di persone che si fanno saltare in aria nel nome del paradiso. Dunque, bisogna vedere quanto l’uomo è incapace di applicare la buona novella”. Nel disco si mescolano, in una serie di continui rimandi, figure mitologiche e personaggi biblici, vita popolare e letteratura (tra citazioni di Oscar Wilde, John Keats e Francesco D’Assisi “tutti accumunati dalla sensibilità alla bellezza”).Come quella del Povero Cristo (che ha dato anche il titolo al brano che ha anticipato il lavoro). “Il povero Cristo è chiunque porti la sua croce, è quello di cui non si accorge nessuno, è chi passa invano nel mondo”, spiega Capossela che ha scelto in maniera simbolica di ambientare il video della canzone (con la regia di Daniele Ciprì) a Riace, il paese che aveva messo in atto un modello di accoglienza per gli immigrati. “Riace è stato un tentativo di mettere in pratica la buona novella e dove questa possibilità è stata negata. Senza voler dare a nessuno la palma del povero Cristo, in questo momento storico chi lascia tutto e arriva su un barcone è più povero Cristo di altri”. Con la religione il rapporto di Capossela è lungo e tortuoso. Pur affermando di non avere fede, ha sempre dimostrato di subirne la fascinazione. “La religione – afferma – fornisce grandi mitologie, mette a fuoco l’anima degli uomini. E’ un peccato rinunciare alla forza e alla meraviglia delle scritture sacre, pur non disponendo della fede. Ad affascinarmi è la potenza del linguaggio, delle metafore, i rituali. E il fatto che fornisce immagini e figure universali che sono nell’inconscio collettivo. Tra le invenzioni più mirabolanti che l’uomo abbia elaborato”. Per raccontare “tutte le creature”, il cantautore irpino nato in Germania che anche quest’anno omaggerà la sua terra con lo Sponz Fest, ha scelto la forma della ballata. “Al contrario della canzone che deve essere breve e orecchiabile, la ballata si prende tutto il tempo per raccontare una storia. I piani di lettura e i riferimenti possono essere diversi e se uno vuole perderci tempo può trovare tanti raccordi. C’è commistione tra letteratura, storia e, cosa inedita per me, arti figurative. Il disco inizia dalle pitture rupestri: con Uro, animale scomparso che si ritrova dipinto nelle grotte di Lascaux”.Uno dei brani, La Peste, al grido di let’s tweet again, è una critica feroce alla tecnologia imperante, al mondo dei social, in ricordo di Tiziana Cantone, la giovane che si è uccisa per i suoi video intimi divenuti virali in rete. “Siamo all’inizio di un’era in cui non sono ancora codificati né l’etica né la normativa di qualcosa che è già nella via di tutti. Siamo in una meravigliosa pestilenza, come diceva Arnaud, che però consente di azzerare tutto. La cosa terribile è il senso di deresponsabilizzazione collettiva, con il quale si distruggono vite ridendo. E l’uso politico in cerca di consenso: siamo davanti alla dottrina dello slogan pestilenziale, che attecchisce facilmente. La denunzia è un richiamo alla consapevolezza”. La morte serpeggia qua e là tra i 14 brani, “ma per me non è un’ossessione come canto nella Ballata del carcere di Reading. Per non farla diventare tale, bisogna riconoscere che fa parte della vita. Più che un’ossessione è diventata un tabù, l’ultimo tabù, insieme alla malattia”, dice ancora Capossela. In autunno Capossela porterà le Ballate per uomini e bestie in tour teatrale. Il via in ottobre da Rimini. Dal 25 maggio, invece, una serie di concerti-atti unici nei festival italiani.

Claudia Fascia, Ansa

 

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