L’attore e regista su Netflix dal 15 marzo con ‘Turn Up Charlie’: produttore della serie, Elba recita la parte di un dj in crisi cui la vita riserva una curiosa sorpresa
L’attore inglese di origine africana Idris Elba (madre ghanese e padre della Sierra Leone), celebre volto della premiata serie pulp della BBC Luther, protagonista di film come Thor, Beasts of No Nation, e Molly’s Game, regista del film Yardie presentato lo scorso anno al Sundance, torna in televisione ma stavolta con grande ironia nella serie Netflix Turn Up Charlie, dal 15 marzo, di cui Elba è anche uno dei produttori. Una commedia in cui recita un dj in crisi ed eterno vitellone a cui il destino riserva un’ultima possibilità di successo quando a malavoglia diventa il “tato” di una ragazzina guastafeste (recitata dalla giovane Frankie Harvey), figlia del suo miglior amico. Realtà e finzione dialogano strettamente in questa serie: l’attore è infatti anche musicista e dj, lo è da sempre e ancora oggi si diverte a mettere dischi a Londra, New York e Ibiza. Non a caso ha prodotto un ‘concept album’ legato a Luther intitolato Murdah Loves John, e ha aperto la tournée Rebel Hart di Madonna.46 anni compiuti il 6 settembre scorso, nato in un sobborgo operaio di Londra da padre del Sierra Leone e madre ghanese, Elba (come il fiume, e Idris vuol dire acqua: lui fa fiero della sua ‘liquidità’ dice sorridendo) passa dal cinema alla TV e alla musica senza sosta. Non si ferma un attimo. La popolarità è arrivata nel 2002 nel ruolo di uno spacciatore nella serie americana The Wire, poi al cinema come salvatore della patria in Pacific Rim, American Gangster (ha prodotto una canzone con Jay-Z per il film), quindi Prometheus, Thor, gli Avengers; ha da poco finito di girare il nuovo Star Trek: Beyond (è Krall), senza un attimo di sosta. “Di certo ho preso a prestito varie cose della mia vita per questo personaggio, Charlie – dice l’attore – a partire ovviamente dal fatto che anche io sono un dj. Ho figli adolescenti e in questa storia c’è una ragazzina protagonista. E poi volevo fare qualcosa di spiritoso, qualcosa di leggero, e questo era l’opportunità per portare a galla cose della mia vita che la gente non vede, come il mio lavoro con la musica e la vita che c’è dietro compreso il mio gruppo di amici di Londra. Lo show mostra tutto questo e lo prende un po’ in giro”.Per legioni di fan Idris Elba è e sarà sempre l’incomparabile, dark John Luther, il tormentato detective della polizia londinese nella serie eponima (tornata di recente in produzione con nuovi attesissimi episodi), quindi sul grande schermo nel ruolo del criminale di guerra africano che arruola bambini e ne fa selvaggi killer in Beasts of No Nation. Sposato e divorziato, è padre di due figli (un maschio e una femmina) a cui è molto legato. Vive a New York, ma fa spesso su e giù con Londra, dove ha girato la serie. È talmente talentuoso e rispettato nell’industria che si continua a vociferare sarà lui il prossimo James Bond. Sarebbe il primo 007 nero. Ma è pura speculazione. Lui ci ride sopra: “Non ne voglio parlare più di questa faccenda di James Bond: non è nient’altro che fake news, un pettegolezzo infondato” dice. “Eppure ogni volta che se ne fa accenno – e io dico di no – l’argomento continua e cresce come valanga. Boh”. Si gratta la testa coi capelli tagliati corti e leggermente brizzolati.Parliamo dei suoi inizi come dj e attore: “Da adolescente aiutavo mio zio a East Londra, lui faceva il dj per matrimoni e feste afro-caraibiche, e io suonavo musiche africane, calypso, reggae jam – racconta – Poi a scuola, quando avevo 16 anni, un insegnante mi ha spinto a provare la recitazione. Diceva che non c’era nessuno che voleva recitare, e c’era un corso d’arte drammatica a cui pochi si erano scritti. A lui piaceva il mio modo di parlare e di muovermi. Ci aveva visto giusto! Ho iniziato ad avere le prime parti in un periodo in cui non avevo una lira, e facevo il turno di notte con mio padre in una fabbrica della Ford a Dagenham, in catena di montaggio. La recitazione è stata l’occasione per l’emancipazione sociale. Un biglietto che mi avrebbe portato poco dopo a New York e al lavoro costante. Ma la musica mi è sempre rimasta dentro, e mi diverto ancora moltissimo a fare il dj”.È divertente vederlo cimentarsi nella commedia. “Il tema centrale della serie è la gestione dell’ambizione – spiega Elba con la sua elegante eloquenza – e quando si arriva a 40, 50 anni volente o nolente, ci si avvia verso la parte senior della vita. E qualcosa succede, soprattutto nei maschi, inizi a chiederti: ho fatto abbastanza? Cosa ho realizzato? Molti vogliono provare a fare di più, non si accontentano. Nella serie si parla anche di amicizia, di cosa vuol dire essere genitori, e il fatto che Charlie finisca per fare da badante a una bambina è la sovversione delle sue ambizioni, ma per qualche misterioso disegno diventa anche il viatico per un nuovo capitolo della sua vita. Ovviamente il tutto condito di industria musicale, di dj e musica. Insomma, attraverso Charlie ho anche l’opportunità di pelare quella cipolla chiamata vita – la mia vita – e magari scoprire qual è l’essenza di me stesso. Perché come esseri umani siamo tutti delle cipolle”. E ride di gusto.Elba fa riferimento anche all’idea del Peter Pan dentro di noi, l’eterno uomo-bambino in diniego circa l’età che avanza, la maturità, le responsabilità della dimensione adulta. “Sono anche io un uomo-bambino?”, si chiede, stando al gioco. “In parte sì, anche io sono pieno di ambizioni e mi sento un essere incompleto, nonostante i successi come attore ho parecchi vuoti dentro di me, come tutti. Ma con l’età ho imparato a limitare le ambizioni, ad applicare una migliore gestione al riguardo. Ci sono cose che ancora posso fare, altre che sono meno appropriate: non credo per esempio che a 60 anni potrei fare il dj per ragazzini ai rave. Sarebbe patetico. Così come l’azione al cinema, o le scene d’amore…”, aggiunge sorridendo. “Ma mi piace per adesso fare il dj, esibirmi per un pubblico live e credo che l’industria della musica sia cambiata così tanto in pochi anni che ora possiamo portarci appresso tutta la discografia nell’iPhone – mi spiego? – e l’energia è differente, il ‘vibe’ è diverso. Una volta collezionavo dischi in vinile, li ho ancora, e li vedi nella serie, sì, sono proprio i miei dischi. Ma in realtà tutto è cambiato, anche se il vinile sta tornando, seppur per pochi intenditori. Infine, ecco, è proprio la dimensione dal vivo della musica dj che mi elettrizza, perché è da tanto che non faccio teatro e cinema e tv non ti danno l’emozione di esibirti davanti al pubblico, sentire il suo respiro, la sua reazione. Questo per me è importantissimo”.
Silvi Bizio, repubblica.it