Convocata anche la showgirl ed ex fidanzata del «re dei paparazzi», in carcere per la vicenda dei 2,6 milioni di euro che avrebbe occultato al fisco. «Noi dimostreremo la provenienza lecita di quei contanti e quando sono stati incassati»
Oltre 200 testimoni, tra cui anche Belen Rodriguez, per il processo milanese a carico di Fabrizio Corona, tornato in carcere lo scorso ottobre per quei circa 2,6 milioni di euro in contanti, trovati in parte in un controsoffitto in parte in Austria, e imputato per intestazione fittizia di beni, frode fiscale e violazione delle norme patrimoniali sulle misure di prevenzione. Lo ha deciso la prima sezione penale (presidente del collegio Guido Salvini) che ha ammesso le prove, comprese le liste testi, richieste dalle parti. Sono state le difese di Corona e di Francesca Persi (storica collaboratrice e imputata) con i legali Ivano Chiesa, Luca Sirotti e Cristina Morrone, a citare da sole ben 190 testimoni, tra cui la showgirl ed ex fidanzata di Corona, molti agenti e collaboratori e Geraldine Darù, ex collaboratrice dell’ex agente fotografico poi diventata teste chiave dell’accusa. «Noi dimostreremo la provenienza lecita di quei contanti e quando sono stati incassati», hanno detto i difensori che tra i testi hanno indicato anche un «consulente numismatico».
Niente foto in aula
Prima dell’inizio dell’udienza, in cui erano presenti Corona, Persi e, tra il pubblico, anche l’attuale fidanzata di Corona Silvia Provvedi, i giudici hanno vietato «l’uso dei cellulari in aula, non avendo autorizzato le riprese televisive e fotografiche del dibattimento» e hanno chiesto ai carabinieri di sorvegliare che nessuno facesse foto o immagini. Oltre ad ammettere i testi e i documenti richiesti come prove dal pm Alessandra Dolci, poi, il collegio ha ammesso anche tutte le fonti di prova delle difese, tra cui gli interrogatori in aula degli stessi imputati e le decine e decine di testimoni citati. «Non sono, però, superflui», ha chiarito in aula il legale Sirotti. «Il nostro obiettivo, infatti, è duplice – ha aggiunto – dimostrare, da un lato, che quei contanti sono somme incassate da attività assolutamente lecite (Corona si è sempre difeso, infatti, dicendo che si trattava del “nero” delle sue serate nei locali, ndr) e andare a collocare nel tempo l’incasso di quelle somme».
La provenienza del denaro
Per la difesa, infatti, potrebbe essere importante dimostrare che quei soldi sono stati percepiti prima di quando Corona venne sottoposto a misure di prevenzione, tra il 2012 e il 2014. Da qui anche la nomina di un consulente numismatico «per collocare nel tempo i contanti». Molte delle testimonianze «su quelle somme – hanno chiarito i legali – saranno, però, rapide e poi, se ci saranno le condizioni, potremo anche rinunciare ad alcuni testi». La difesa di Corona, tra l’altro, ha depositato documenti per dimostrare «un pagamento di tasse prima dell’inizio dell’udienza preliminare e un’autofattura della società Atena (riconducibile a Corona, ndr) su quei 834 mila euro trovati in cassette di sicurezza in Austria e su cui Atena ha versato l’Iva».
Le tasse pagate
Restano ancora da pagare le imposte «su quei 1,780 milioni di euro incassati da Fenice (società di Corona, ndr) e trovati nel controsoffitto, ma c’è ancora tempo e i nostri professionisti sono al lavoro per questo». Le «società di Corona», ha detto l’avvocato Chiesa, «hanno versato dal 2008 in poi 9 milioni di euro di tasse». Tra gli atti depositati dalla difesa anche certificazioni mediche per dimostrare «lo stato di tossicodipendenza» di Corona e il «suo percorso terapeutico». I giudici hanno fissato udienze per ascoltare i testimoni per il 9, il 16, il 21, il 23, il 28 e il 30 marzo e per il 6 aprile. Il prossimo 28 febbraio, invece, in Cassazione si discuterà sulla continuazione tra i reati delle condanne definitive dell’ex «re dei paparazzi».
il Corriere della Sera