Il 20 e il 21 febbraio su Rai1 il film tv di Alessandro Angelini, ispirato al libro di Giovanni Maria Bellu, che racconta una della più grandi tragedie del mare avvenuta in acque siciliane nel 1996. Nel cast Giuseppe Battiston
Un film civile per raccontare una delle più grandi tragedie del mare dimenticate: il naufragio di Portopalo, in Sicilia, in cui nel 1996 trovarono la morte 283 migranti. I pescatori che trovarono nelle reti scarpe, abiti e i corpi, non parlarono. Solo nel 2001 uno di loro, Salvo Lupo, ruppe il silenzio. Il relitto della nave è ancora in fondo al mare: l’ex inviato di Repubblica Giovanni Maria Bellu lo raccontò quindici anni fa nei suoi reportage emozionanti: il Rov (Remotely operated vehicle) robot sottomarino con all’interno una telecamera svelò quel cimitero nel Mediterraneo e nel 2004 scrisse I fantasmi di Portopalo (ripubblicato da Mondadori).
La storia è diventata una fiction, in onda il lunedì 20 e martedì 21 febbraio su Rai1, diretta da Alessandro Angelini con Giuseppe Fiorello nei panni di Salvo (nel film Saro Ferro) e Giuseppe Battiston in quelli del giornalista; nel cast Roberta Caronia e Angela Curri. “Ho comprato i diritti del libro e per anni ha cercato di realizzare il film” spiega Fiorello, (anche sceneggiatore con Angelini, Salvatore Basile, Paolo Logli e Alessandro Pondi). “Un pescatore sa che in mare esiste una sola legge, quella del soccorso. Qui per lungo tempo, per sopravvivere, perché con un’inchiesta le autorità avrebbero chiuso la zona di pesca, scelsero di non parlare, di non raccontare cosa succedeva quando tiravano su le reti. Quando abbiamo girato sul peschereccio la scena dei corpi finiti nelle reti che venivano rigettati in mare, c’era un silenzio irreale. I pescatori che ci accompagnavano avevano le lacrime agli occhi”.
“La miniserie” dice il direttore di RaiFiction Tinny Andreatta “si inserisce nel filone che racconta i grandi cittadini del nostro tempo, uomini comuni che si sono battuti con un forte impegno civile: come già Boris Giuliano e Roberto Mancini. Questa storia racconta una responsabilità individuale, quella di un cittadino che si batte per la verità, era una storia da raccontare. Una storia civile, di persone che hanno fatto una scelta etica nella loro vita”.
Coprodotto da Rai Fiction-Picomedia, in collaborazione con Iblafilm, liberamente ispiratto dall’omonimo libro di Bellu, I fantasmi di Portopalo, che ha il patrocinio dell’Unhcr, racconta la tragedia dei migranti e la ricerca della verità, è tutto realmente accaduto, ma nella storia è stato inserito un elemento di fantasia, la figura di un sopravvissuto.
“I Fantasmi di Portopalo non solo è un film di impegno civile”, dice Fiorello, ricevuto dal presidente della Camera Laura Boldrini “ma soprattutto racconta con chiarezza che la società civile è la vera politica del paese. E’ un argomento facile da strumentalizzare. Sono contrario alla gestione dell’immigrazione fatta di muri e blocchi. Ma sappiamo che ci sarà qualcuno domani pronto ad affermare: ‘Allora portateli a casa tua, visto che sei ricco e famoso’. Non c’è una soluzione politica. L’emergenza migranti non è un problema, se gestita bene. Certo, se li lasciamo stipati nelle palestre, allora qualcuno può diventare braccio armato per spaccio e violenza. Ma allo stesso tempo soluzioni virtuose esistono. Non dobbiamo nasconderci dietro a un dito. La mafia si nutre dell’immigrazione e ne ha fatto diventare un business di altissimo livello” aggiunge l’attore “E’ sotto gli occhi di tutti e questa tragedia del 1996 è stato il ‘click’ dove la malavita ha capito che contrabbandare essere umani è meglio che contrabbandare sigarette. C’è una scena in cui uno scafista dice: ‘Io fino a oggi contrabbandavo sigarette però bisogna scaricarle. Questi scendono gli dai un calcio nel sedere e vanno da soli’. Quello che stanno facendo i siciliani in termini di accoglienza è qualcosa che resterà nei libri di storia”.
“La tragedia di Portopalo è una brutta storia, ma necessaria” osserva Giuseppe Battiston. “Questo deve fare la televisione: dare spazio a storie che aiutino la gente a riflettere, e qui la narrazione mostra proprio il punto di vista delle persone. Se noi vogliamo cambiare vita, prendiamo un aereo e andiamo in un altro paese: ci sono persone che non lo possono fare, spendono dieci volte di più e non è detto che sia compreso l’arrivo. Il nostro film non è un antidoto alla paura, però racconta come, di fronte a fenomeni come questi, la paura sia la reazione più facile”.
“Dobbiamo immaginare cosa succede in una famiglia quando si intraprende un percorso di verità: molti equilibri saltano, ci si deve far forza insieme” dice Roberta Caronia, nella fiction Lucia, la moglie del pescatore. “Questa storia racconta quanto possa essere esplosivo il desiderio di dire quello che si sa. Mi ha commosso molto quando, vedendo le interviste di Bellu, è stato detto che bisognava restituire la memoria, perché è chiaro che senza i corpi, non c’è nemmeno l’eleborazione del lutto né un colpevole”.
“Temevo una semplificazione, ma l’essenza della storia è pienamente restituita”, commenta Bellu “ricordo quando parlai di questa storia con Peppe D’Avanzo, poi con Mauro Piccoli, quanto il giornale s’impegnò in un’inchiesta difficile. Ora questa storia arriva in tv, per la grande passione di Beppe Fiorello. Tutti quanto siamo un po’ xenofobi: se partissimo da questo assunto, impareremmo anche ad assumerci le nostre responsabilità”.
A proposito di responsabilità, il parroco della comunità preferirà l’ordine anziché la verità; durante le riprese a Portopalo, non c’era un abitante sul set. “Non era rifiuto – dice Fiorello – quanto rispetto. È stato un lavoro difficle, pure per motivi organizzativi o per le difficoltà di girare in mare: ci hanno veramente lasciato lavorare. Quello che giravamo, per i portopalesi è vita vera: abbiamo visto i pescatori con le lacrime agli occhi”.
Silvia Fumarola, La Repubblica