Hopper, la tela bianca
La magia dei dipinti di Edward Hopper sta nel modo in cui mescola ricordi e stranezze. Le sue opere sembrano familiari, come un’America stereotipata da Hollywood, ma Hopper le rende astratte, eliminando tutto ciò che è superfluo. Un racconto, un sogno che Hopper depura da ogni slancio, da ogni significato, lasciando un’immagine in cui il contenuto narrativo è pura astrazione. Un artista al centro di “Hopper, la tela bianca”, in onda mercoledì 17 gennaio alle 21.15 in prima visione su Rai 5 per “Art Night” con Neri Marcorè.
Hopper, pur essendo un realista, è un artista unico che fonde tradizioni e tendenze contraddittorie. Utilizza modelli della scuola classica che, in un mix di ironia, cinismo e malinconia, trasporta nella realtà americana attraverso un uso unico e intenso della luce, l’elemento chiave nelle sue opere.
Provenendo da una tradizione radicata in un realismo intrinseco alla cultura americana e nutrito dalla pratica dell’illustrazione, Hopper si dimostra il più paradossale dei pittori realisti. E dunque realizzare un film su Hopper è una sfida, poiché la narrativa e i sentimenti nelle sue opere sono strettamente legati. Una sfida raccolta da Didier Ottinger e Jean-Pierre Devillers autori del documentario, prodotto da Arte France, La Réunion des Musées nationaux e Cnc.
Un film che fa vivere al pubblico le stesse emozioni, focalizzandosi sulla visione delle opere, senza distrazioni superflue, e che conduce dai dipinti ai luoghi della vita di Hopper: dal suo studio a New York a quello a Truro, da Nyack a Parigi.
Basato su rari filmati di Hopper e sulla collezione di documenti, taccuini e foto donati da sua moglie Jo al Whitney Museum, il documentario può contare sulla testimonianza di Brian O’Doherty, amico di lunga data della coppia, oltre che su preziosi filmati.