A dieci anni dall’uscita nei cinema di «Avatar», il regista premio Oscar sarebbe riuscito a portare a termine la produzione dei primi due seguiti. Stop, però, al quarto e quinto capitolo. La Fox vorrebbe riservarsi di vedere quanto incasseranno i primi due film
La più complicata tra le «ten years challenge» sbandierate online è toccata a James Cameron. Il regista, che dieci anni fa ha dato vita al mondo azzurro di Avatar, incassando la più grande cifra della storia del cinema, è riuscito a concludere la produzione dei primi due sequel, al cinema – rispettivamente – il 18 dicembre 2020 e il 17 dicembre 2021. Secondo quanto riportato dal quotidiano britannico The Independent, però, la casa di produzione Fox sembra avere posto un freno all’estro di Cameron. I film, dunque, non saranno quattro, come annunciato all’indomani di Avatar 1, ma due. Poi, con i numeri alla mano, qualora il successo di Avatar 2 e Avatar 3 dovesse raggiungere vette altissime, si potrà pensare di riprendere il capitolo 4 e il capitolo 5. Ma fino ad allora nulla sarà da farsi. James Cameron, che di recente aveva giurato di star dividendo le proprie attenzioni in maniera equa su tutti e quattro i film, dovrà dimostrare di essere stato «bravo». Di aver elaborato un prodotto all’altezza dell’originale. Il budget ce l’ha, la squadra pure. Cliff Curtis, new entry insieme a Kate Winslet, sarà Tonowari, il leader dei Metkayina, un clan che abita le barriere coralline degli oceani di Pandora. Accanto a sé, avrà Zoe Saldana, Sigourney Weaver, Sam Worthington. «In questi film, andremo ad ammirare ambienti completamente diversi da quelli del primo capitolo, incontreremo culture originali», aveva dichiarato Cameron, spiegando come il ritardo nella produzione dei film dipendesse dall’esigenza di ambientare i sequel sott’acqua e di trovare perciò un metodo di ripresa adeguato. La Fox ha stanziato 250 milioni di dollari a film, per un totale, se confermati tutti e 4 i sequel, di 1 miliardo di dollari. A Cameron, ora, non resta che avvicinarsi ai 2,7 miliardi di dollari raccolti con il primo capitolo.
Claudia Casiraghi, Vanity Fair