Il prossimo 25 febbraio parte il canale televisivo Zelig tv, in chiaro all’lcn 243 del digitale terrestre. È il primo passo di una operazione che vede il celebre brand di Gino e Michele diventare un centro creativo, di produzione e di distribuzione di prodotti audiovisivi pensati per più piattaforme, con un investimento annuo attorno ai 5-6 milioni di euro.
Per il canale tv l’obiettivo di share è tra lo 0,2 e lo 0,5%, per una raccolta pubblicitaria a cura di Prs (si punta a incassare tra i 4 e i 6 milioni di euro all’anno) e una campagna di lancio da 3 milioni di euro.
L’iniziativa Zelig tv, tuttavia, va contestualizzata. La società Bananas media company, agenzia di management dello spettacolo e detentrice del marchio Zelig, doveva rilanciarsi e accrescere il suo fatturato. Zelig, infatti, è stata soprattutto una fortunata trasmissione televisiva di Mediaset, iniziata nel 1996 e chiusa a fine 2016, quando già da tempo la formula a base di comici-stand up comedian pareva stanca. Tanto per dire, i ricavi di Bananas erano scesi dai 15 milioni di euro del 2008 ai 3,8 milioni del 2015, con un balzo a sei milioni nel 2016 solo grazie alle quattro puntate evento di addio a Zelig su Canale 5. Il lancio di Zelig tv, quindi, ha un senso e potrebbe trovare uno spazio sul mercato, soprattutto se si tiene conto che Comedy Central, il canale di comicità di Viacom Italia, trasmesso in pay sulla piattaforma Sky, riesce ad assicurare ricavi pari a 10 milioni di euro all’anno.
Bananas media company è poi confluita nel più grande gruppo Gut edizioni spa-Smemoranda, attivo nella cancelleria, nella scolastica, nei negozi di regalistica e cartoleria e nel licensing, con un fatturato pari a 46,5 milioni di euro nel 2016, e, in particolare, con l’obiettivo di quotarsi in Borsa entro il 2018. Chiaro, quindi, che si tenda a lucidare l’argenteria di casa prima di presentarsi a piazza Affari. Soprattutto se l’obiettivo, come spiegato dall’amministratore delegato di Gut, Andrea Bolla, è quello di superare gli 80 milioni di euro di fatturato consolidato nel 2019.
Inquadrato meglio il contesto dell’operazione Zelig tv, si può dare anche conto di cosa sarà questa iniziativa: «Zelig tv è la nostra risposta concreta ai dirompenti cambiamenti che hanno coinvolto e sconvolto, in termini di distribuzione e di fruizione, il mondo della comunicazione e dell’intrattenimento», afferma Roberto Bosatra, a.d. di Bananas Media Company. Quindi un canale televisivo, un centro di produzione di contenuti, e, tra poco, pure una web tv. Ci si concentrerà su tre macro aree di business: il genere comedy-intrattenimento, nel quale Zelig ha un know how di oltre 30 anni; le serie tv e il cinema, con la capacità di sviluppare serialità già sperimentata da Zelig e Bananas per Mediaset, e un prodotto cinema con una selezione di titoli, dal classico al contemporaneo, di volta in volta scelti da amici e testimonial del mondo Zelig e Smemoranda. Infine, un terzo ambito di informazione e reportage, «inteso come racconto, originale e spesso in controtendenza, di cosa accade intorno a noi e nel mondo, un ambito che vede Smemoranda in prima fila tra i giovani da ormai 40 anni. Zelig tv», spiegano da Bananas, «darà la parola anche alle associazioni e realtà cooperative che operano come volontari, Ong e non profit nei territori del sociale. Saranno loro a offrire reportage e approfondimenti per un racconto originale e diretto degli avvenimenti. I primi ad aderire al progetto sono Emergency, Diversity e Radioimmaginaria».
Insomma, non più una editoria di mezzo, ma una editoria di comunità, come lo sono da anni Bananas Media Company e Smemoranda, con gli oltre tre milioni di folllowers sul web e i social, con i 2,5 milioni di visite sul canale Youtube di Zelig e le 800 mila copie dell’agenda Smemoranda vendute ogni anno.
Il gruppo Gut, che tira le fila di tutto il business, è controllato al 100% dalla Kaya Fin srl, i cui soci di riferimento sono: Nicola Colonna col 21,07%, Luigi Vignali (18,97%), Michele Mozzati (14,5%), la Cmc spa di Massimo Moratti (13,66%), Valerio Benini (7,29%, e poi una serie di azionisti più piccoli che possiedono complessivamente il 24,48%.
Claudio Plazzotta, ItaliaOggi