Lasciare il proprio Paese per poter sopravvivere. È questo l’amaro destino che è toccato all’orchestra afghana Zohra, atterrata due giorni fa all’aeroporto di Lisbona e finalmente salva. A quattro mesi dalla caduta di Kabul per mano dei talebani e dopo l’evacuazione di Negin Khpalwak, la prima donna direttrice d’orchestra afghana, altre 273 persone, tra cui 150 studenti e studentesse, familiari e insegnanti dell’Istituto Nazionale di Musica di Kabul sono state sottratte alla furia integralista che da quest’estate costringe l’Afghanistan al silenzio, vietando qualsiasi forma di musica, specialmente quella occidentale, ma anche quella tradizionale.
Ahmad Sarmast, fondatore dell’orchestra nel 2010, al momento della caduta di Kabul si trovava in Australia, ma fin da subito ha fatto di tutto per agevolare la partenza dei suoi musicisti, garantendo loro un lasciapassare statunitense. Quasi 300 membri dell’Istituto sarebbero dovuti partire entro agosto, quando gli americani ancora controllavano l’aeroporto di Kabul, ma nel giorno in cui era stato garantito loro il posto su un volo pochissimi sono riusciti a superare il checkpoint talebano. Tra questi la direttrice ventiquattrenne Negin, già sopravvissuta per miracolo a un attentato nel 2014, quando uno studente si fece esplodere tra il pubblico durante un concerto al centro culturale francese di Kabul, ferendo lo stesso Sarmast.
Nonostante la chiusura dell’aeroporto dopo la partenza degli ultimi arerei occidentali, Ahmad Sarmast non si è arreso e ha cercato aiuto altrove, consapevole del rischio che i suoi studenti correvano restando in Afghanistan, braccati e costretti a distruggere diplomi e strumenti per paura di perquisizioni. Alla fine, grazie all’intermediazione del violoncellista Yo-Yo Ma che ha chiesto aiuto al Qatar a metà settembre, è iniziato un lungo braccio di ferro diplomatico con i talebani per ottenere il lasciapassare per l’intera orchestra e i loro familiari. Attraverso cinque diversi voli i musicisti, molti dei quali ancora ragazzi, sono atterrati prima in Qatar dove hanno ricevuto in dono nuovi strumenti musicali e poi in Portogallo.
Commosso per la riuscita dell’impresa, il musicologo Sarmast ora desidera ricreare qui la sua scuola, come parte di un più ampio centro per la cultura afghana con sede a Lisbona. La speranza è che proprio nel Paese europeo più a occidente la musica tradizionale afghana, fatta di sitar, rubab, oboe, pianoforte e violini, possa continuare a esprimersi e a portare il suo messaggio di pace nel mondo. Con il sogno di poter tornare un giorno in patria.
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