Prima prova da protagonista assoluto per Herbert Ballerina, in sala dal 17 novembre con “Quel bravo ragazzo” diretta da Enrico Lando (“I soliti idioti“, “Amici come noi“). Il film vede Ballerina nei panni di un ragazzo di paese catapultato tra le cosche mafiose. “Non vuole essere un’opera di denuncia – spiega Herbert – Ma con la risata volevamo far capire che il problema Mafia è ancora presente”.
Ballerina (al secolo Luigi Luciano) interpreta l’ingenuo Leone, erede a sua insaputa di un impero mafioso, che viene strappato dal paesino sui monti dove vive per insediarsi come nuovo boss. Trasformarlo in un gangster sarà però un’impresa ardua per i suoi picciotti, che dovranno cercare di porre rimedio ai disastri finanziari causati dal suo buon cuore e al contempo salvare la faccia con le famiglie rivali. A completare il quadro si inserisce anche l’affascinante agente sotto copertura Sonia (Daniela Virgilio) con cui Leone intreccerà un legame particolare. Nel cast anche Tony Sperandeo, Enrico Lo Verso, Ninni Bruschetta e Giampaolo Morelli. Tgcom24 ha incontrato il protagonista e il regista Enrico Lando, che hanno svelato alcuni retroscena del film.
In “Quel bravo ragazzo” esci dall’ombra di Maccio per diventare protagonista assoluto. Come hai affrontato questo cambiamento?
Herbert Ballerina: Devo dire che essere al centro dell’attenzione mi crea qualche problema, soprattutto a livello di parlantina (ride ndr). Scherzi a parte, l’idea era quella di cercare di staccarmi dal mondo Maccio per fare una commedia più di genere e per un pubblico più vasto. Accanto all’ironia nonsense e grottesca in me vive anche un lato pop.
Maccio compare comunque con un ruolo nel film…
Enrico Lando: E’ stato bello averlo e mi è piaciuto che abbia lavorato con noi all’inizio delle riprese del film. Nei panni del prete ha in qualche modo ‘benedetto’ Herbert e l’ha fatto camminare con le sue gambe.
Leone, il protagonista, è stato costruito in maniera diversa rispetto a quelli che hai interpretato finora…
HB: Ho cercato di essere più me stesso, evitando gli eccessi come espressioni o voci troppo particolari e ricercati. Mi sono impegnato un po’ di più, ho anche letto “Il lavoro dell’attore su se stesso” di Stanislavskij.
Com’è nata l’idea di fare un film ambientato tra le cosche mafiose?
HB: La Mafia ci sembrava una buona trovata per calare il mio personaggio, che è goffo e ingenuo, in un ambiente molto diverso da lui. In corso d’opera ci è venuto in mente di inserire in qualche scena delle parodie che distruggessero i clichè legati alla Mafia. Non vuole essere un’opera di denuncia ma facendo ridere si può comunque trasmettere un messaggio, far capire ai ragazzi che il problema della Mafia è ancora presente.
Da “Il Padrino” in poi è un filone ampiamente sfruttato nel cinema. Quanto di nuovo vi sentite di portare?
HB: Abbiamo rinfrescato il genere inserendo gli amati e odiati social network. Abbiamo immaginato questi boss cattivissimi che si contendono like e condivisioni, invece di affrontarsi con le armi. Essendo una commedia ci siamo ovviamente dati dei limiti. Per esempio sull’idea di ‘iPizzo‘ ci abbiamo pensato a lungo prima di inserirla, cercando di immaginare la reazione del pubblico.
La scena più difficile da girare?
EL: Sicuramente la riunione dei boss è stata la più impegnativa. Siamo rimasti per due giorni e mezzo con tutta la troupe in una cantina con la pioggia battente. L’ambiente era difficilissimo da illuminare e in più c’era una polvere pazzesca, ad ogni passo si alzava una nuvoletta. Paradossalmente la più facile è stata invece quella che ci spaventava di più, quella ambientata sul peschereccio. Eravamo terrorizzati, anche perché avevamo un attore straniero e non volevamo sbagliare nulla. La tensione però ci ha fatto lavorare come macchinette, abbiamo fatto tutto bene e in poco tempo.
TgCom24