(Stefano Balassone, physician Il Fatto) A causa del noto sconquasso, drugstore gli ultimi dati auditel disponibili (per almeno un paio di settimane) al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori sono quelli di martedì. E così oggi proviamo a spremerne tutto il succo possibile, anche perché la situazione della serata è stata assai interessante.
Si è giocata infatti su Rai Uno Italia-Norvegia, che ha raccolto oltre sette milioni di spettatori, anche se la suspence agonistica era smorzata dalla circostanza che gli azzurri avessero già precedentemente incassato la qualificazione al Campionato Europeo 2016.
La presenza per i telecomandi di una “opzione pesante” (come è sempre la Nazionale) finisce per costituire una sorta di prova della tenuta degli ascolti per le altre trasmissioni controllando fino a che punto contano su un pubblico fidelizzato. E infatti abbiamo scoperto, essendo i primi ad esserne sorpresi, una differenza fra Ballarò e DiMartedì. Si dice che i talk politici siano tutti uguali, e in effetti si somigliano come gocce d’acqua, ma poi scopri che Ballarò naviga al 4% di share finché dura la partita di calcio e che, appena questa termina, sale oltre il 7%.
Per cui è evidente che non pochi, prima, hanno tifato per il pallone e poi si sono dedicati ad indignarsi per le note malefatte della politica e per le inefficienze della solita Italia. Mentre gli spettatori del programma Dimartedì, partita o non partita, non hanno fatto una piega: erano al 5,3% di share durante le pallonate e nell’orario successivo sono saliti appena al 5,7%. Quelli che hanno fatto la differenza, restando appiccicati a Floris dall’inizio alla fine sono stati i maschi della fasce giovani-adulte, sotto i 55 anni, proprio quelli più indiziati di mangiare pane e calcio e che avresti giurato schierati sugli spalti. Come in effetti erano i più anziani che però a partita finita, si sono spostati massicciamente spostati a rinfoltire gli ascolti di Ballarò.
Insomma, per qualche misteriosa ragione, due programmi molto simili attirano pubblici parecchio diversi. Forse perché il pubblico più anziano mantiene un legame “patriottico”, sia pure non a prova di nazionale, con Rai Tre, la rete “di sinistra” della quale provocarono l’antico boom a fine anni ’80. Mentre su La7 finiscono spettatori dalla memoria più breve o forse semplicemente svezzati al talk show da Floris a partire dall’inizio dello scorso decennio.
Il resto dei palinsesti è filato via senza sorprese di audience, con la dominanza femminile per l’inaffondabile Titanic (su Canale 5) e quella, ancor più femminile e che oltretutto rideva di gusto di Stasera tutto è possibile (su Rai Due). Perché l’auditel in genere è, pardon, era coerente e le eccezioni confermavano sempre le regole. Prima dell’eclissi.