Il 16 agosto 1977, a soli 42 anni, ci lasciava “The King”, un pezzo di storia della musica
“Elvis Left The Building”.E’ la frase con cui il 16 agosto 1977 fu annunciata la morte del “King of rock’n’roll”. Elvis Aaron Presley era morto a 42 anni: lo avevano trovato a terra, nel bagno di Graceland, la sua reggia di Memphis. Elvis è stato uno dei più importanti artisti pop del ventesimo secolo e il suo lascito è stata quella musica che ha avuto un impatto epocale sulla società americana prima e nel mondo intero, poi. Per questo a 45 anni dalla morte il mito resiste ancora.
Per qualcuno Elvis è ancora vivo. La triste verità è che gli ultimi anni di uno dei miti della storia della cultura popolare sono stati una catastrofe, segnati da una dipendenza da ogni tipo di farmaco, dai sedativi oppiodi alla codeina e alle anfetamine (che prendeva fin da ragazzo), alimentata da un medico compiacente (il dr. Nichopoulos, radiato dall’albo nel 1990 per abuso di prescrizioni).
Un finale lugubre, fatto di concerti improponibili, overdosi e simboleggiato dal degrado fisico di un uomo che con la sua esplosiva sensualità aveva cambiato il mondo e che esponeva al pubblico la sua decadenza artistica e umana. Nel frattempo, l’uomo che aveva incarnato il ribellismo del rock’n’roll, si era accanito contro quella sua immagine, fino a diventare un fan di Nixon, un nemico del movimento hippy, un feroce critico dei Beatles (anche se poi cantava le loro canzoni), uno spietato persecutore della droga e dell’alcool, una caricatura di se stesso.