Il tributo a Marco Bellocchio, Palma d’oro d’onore, lascia il segno nella giornata al festival di Cannes dando il via ad una tre giorni che, dopo il bagno di folla e l’ovazione al Rendez Vous, prosegue domani con la premiere del suo nuovo film Marx può aspettare e infine sabato con la Palma d’oro d’onore durante la serata di chiusura del 74/o festival. Per l’occasione è arrivato anche un ‘ammiratore’ speciale: Paolo Sorrentino.
Intanto il concorso va avanti e con tre film: Memoria, primo lavoro in lingua inglese del regista thailandese di culto Apichatpong Weerasethakul che qui mette in scena una storia evocativa, metafisica ambientata in Colombia con Tilda Swinton ‘perseguitata’ da suoni misteriosi che sembrano provenire dal centro della terra; France di Bruno Dumont, ritratto di un’anchorwoman, del paese e dei nuovi media con Lea Seydoux protagonista (assente per la positività al Covid), e Casablanca Beats (Hauth et Fort) del regista marocchino Nabil Ayouch, storia di giovani ‘salvati’ dall’hip hop, ispirata ad un vero laboratorio musicale gestito dal rapper Anas Basbousi, che appare anche nel film.
Nel pomeriggio una borsa ritrovata nella sala Debussy attigua al Palais des Festival sha fatto scattare l’allarme anti-terrorismo. Per controllarla è stata evacuata la sala, ma alle verifiche di polizia tutto è rientrato e tutte le persone che erano dentro il Palazzo non si sono accorte di quanto era successo. E cominciano ad arrivare i primi premi: A Chiara, il bel film di Jonas Carpignano che non avrebbe sfigurato in concorso per la Palma ha vinto la Europa Cinemas Cannes Label per il miglior film europeo alla Quinzaine des Realizaterus, la importante sezione indipendente (e non competitiva tranne appunto la label europea) del festival di Cannes. Nel 2017 il suo primo film A Ciambra, che ebbe Martin Scorsese come produttore esecutivo, vinse lo stesso identico premio. E poi la politica, che a Cannes è sempre un tema forte: Revolution of Our Times di Kiwi Chow, un documentario sulle proteste ad Hong Kong e la repressione: è stato inserito all’ultimo minuto per una proiezione speciale domani e a sorpresa. Programmandolo, il festival si prende la sua bella responsabilità diplomatica mostrando quello che accade nella ex colonia britannica tornata sotto il controllo cinese 24 anni fa. Il festival stesso, che pure lo ha messo a fine rassegna proprio per evitare ritorsioni immediate, rischia molto per questo film ‘illegale’ sul movimento pro-democrazia represso, persino una denuncia diplomatica da parte delle autorità della Cina continentale e di Hong Kong. Del resto, il caso del documentario Do not Split, selezionato agli Oscar e oggetto di boicottaggio in Cina al punto di cancellare la diretta della cerimonia, è un precedente recente. E poi c’è il film collettivo sulla pandemia: The Year of the Everlasting Storm, l’anno della tempesta infinita, cui alcuni registi dall’iraniano ‘recluso’ in casa Jafar Panahi al thailandese Apichatpong Weerasethakul raccontano in pillole video il vissuto durante il lockdown.
Marco Bellocchio si è raccontato generosamente, il suo Marx può aspettare (nelle sale da oggi con 01 coprodotto da Kavac Film e Rai Cinema con Tenderstories) è “un’ultima occasione per fare i conti con qualcosa che era stato censurato, nascosto a tutti noi, da me e dalla mia famiglia. Prima abbiamo organizzato un pranzo al circolo dell’Unione a Piacenza che mio padre aveva fondato. Capii subito che non mi interessava fare una cosa nostalgica, tenera con chi restava della mia famiglia, mia sorella, i miei fratelli, ma che il focus sarebbe diventato ‘il grande assente’ ossia Camillo, il mio gemello suicida a 26 anni nel 1968”. E in questo accettare di fare i conti con il suo passato (presenti nel film i figli PierGiorgio e Elena) è diventato “paradossalmente il mio film più privato e anche il mio più libero, leggero, senza i condizionamenti che mi avevano impedito di riflettere su questo dramma, prima la salvaguardia di mia madre, poi la politica, poi la psicanalisi. Ora finalmente sono sereno, ma non per questo assolto. Quello che è capitato a me e ai miei familiari non è crimine, un delitto, ma qualcosa di molto comune a tanta gente: noi non avevamo capito, non avevamo interpretato il suo silenzio né intuito cosa stava passando mio fratello, una persona che viveva con noi e questa forse è l’universalità, il motivo per cui tanti si stanno emozionando al film”, aggiunge l’81enne regista. “Lavorare, avere progetti, essere dentro la vita, mi fa dimenticare che esiste anche la possibilità della morte”, conclude Bellocchio che sta finendo la serie tv ‘Esterno notte’ (ancora la tragedia Moro) in onda su Rai1 la prossima stagione e prepara il nuovo film, dimostrando vitalità, intelligenza, vivacità davvero formidabili.
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