La cantante reduce dal tour nei palazzetti è stata ospite del Medimex 2018. Tgcom24 lʼha incontrata
Per Emma Marrone il 2018 sarà un anno da ricordare. Prima “Essere qui“, un album con l’ambizione di segnare una svolta nel proprio percorso artistico. E poi un tour nei palazzetti mettendo sempre più al centro la musica. Ma ogni crescita porta con sé anche qualche difficoltà. “Siamo nell’epoca del mordi e fuggi, se non spacchi subito sei un fallito – dice lei a Tgcom24 -. Ma io rivendico il tempo di crescere, per me e i giovani che iniziano ora”.
E’ stato un altro passo nella tua crescita personale ed artistica?
Mi ha fatto piacere che i feedback siano stati tutti molto artistici: per la prima volta i commenti erano sulla musicalità, sugli arrangiamenti, sulla potenza della band. Posso vantarmi di avere avuto sul palco una band pazzesca, in cui Paul Turner e Derrick McKenzie dei Jamiroquai erano solo la ciliegina sulla torta.
Come ha reagito il pubblico alle canzoni nuove?
In modo splendido. Intanto considera che il disco l’ho suonato tutto e la cosa che mi ha impressionato di più è che la gente cantava ogni canzone, non solo i singoli. Significa che il disco va, arriva alla gente nella sua interezza. Che il singolo rimanga nella testa della gente è scontato, ma quando senti cantare dall’inizio alla fine anche anche gli altri pezzi… significa che ho avuto ragione io.
Qualche tempo fa hai fatto una cosa che nel tuo ambiente non è comune: raccontato senza giri di parole che il tuo disco aveva faticato più del previsto.
Sto costruendo il mio mestiere da otto anni a questa parte. Non ho mai mollato niente, ho sempre lavorato tanto e fatto tanti sacrifici. Non faccio certo la vittima, so che è il lavoro più bello del mondo. Ma se fatto in una determinata maniera ha anche i suoi lati complicati e pesanti. Ma voglio continuare su questa scia, migliorandomi e dando qualcosa di nuovo alle persone che non sia la solita minestra riscaldata. Questo disco mi sta regalando grandi soddisfazioni e credo non si fermerà qui.
A distanza di mesi dall’uscita come lo giudichi?
Siamo abituati tutti al mordi e fuggi, alla cose non viene mai concesso tempo. E invece, soprattutto quando fai delle cose libere, non preconfezionate da supermercato, bisogna dare tempo alla gente di capirle e apprezzarle. Nella nostra società se non spacchi subito hai fallito. Io sto cercando di scardinare questo concetto, soprattutto per i giovani che stanno arrivando adesso. Ci vuole lavoro, ci vuole dedizione. Non si devono abbattere, devono credere in quello che fanno.
In “Essere qui” c’è un cambio di passo per quanto riguarda la scrittura del brani ma anche nel tuo modo di interpretarli.
Ma meno male! Il cambiamento dovrebbe essere naturale nella vita, il guaio è quando rimani incatenata in un personaggio che non ti appartiene più. Siamo musicisti e quindi la musica ti condiziona, ti contamina. A me piace scoprire cose nuove viaggiando per lavoro. Anche avere a che fare ogni volta con musicisti diversi ti stimola a realizzare cose nuove e cercare linguaggi nuovi. E quindi questa cosa mi fa sentire viva e mi mette voglia di alzarmi tutte le mattine e creare.
Rimarchi spesso la tua voglia di seguire un percorso personale magari diverso da quello che altri hanno pensato per te. Hai incontrato delle resistenze per questo?
A volte sì. Non è facilissimo. Ma a me non interessa, la sincerità e l’onestà sono la prima cosa: non riuscirei mai a far passare al pubblico qualcosa in cui, io per prima, non credo.
Ci consigli un disco?
Credo che una delle più grandi novità artistiche musicali sia il disco di Brunori SAS. Ha fatto un disco incredibile, per linguaggio e arrangiamenti. Una grande scoperta. Ma ho apprezzato molto anche i lavori di Motta e Coez. Questo nuovo filotto di indie trovo sia molto interessante.
E’ un mondo che ti affascina?
Io ascolto tutto, senza pregiudizi. Anche perché il pregiudizio l’ho vissuto sulla mia pelle e so cosa significa. Vado a vedere tanti concerti di altri, anche in club e locali piccoli. Lunga vita alla musica, finché c’è creatività c’è speranza.
Avverti ancora il pregiudizio nei tuoi confronti?
Non è che lo sento meno. La vera differenza è che ho imparato a fregarmene. Oggi sono più felice perché, invece di ascoltare quello che pensano gli altri, ascolto più quello che penso io di me stessa.
Tgcom24