Il film sugli uccellini più arrabbiati dei videogiochi non prende il volo
Siamo in un momento di vacche magre, dove gli sceneggiatori non trovano di meglio che aggrapparsi a videogiochi di successo nella speranza di ripetere, anche in sala, il successo ottenuto dai vari titoli sulle consolle e sugli smartphone.
Così, dopo il recente Warcraft, ecco l’animazione di Angry Birds, ispirato, neanche a dirlo, alla famosa saga videoludica per cellulari che continua a spopolare tra giovani ed adulti.
Il problema è che non sempre, come ha dimostrato il passato, le due cose vanno di pari passo. Il rischio delusione è alto e, per certi versi, pur essendo un gradevole film per i bimbi, questo Angry Birds non eccelle quanto a trovate e divertimento. Vuoi perché i personaggi di contorno non sono così accattivanti e ben tratteggiati, vuoi per una trama non propriamente indimenticabile, i novanta minuti della pellicola si trascinano, in alcuni momenti, stancamente, mettendo a dura prova la capacità di resistenza al sonno degli adulti al seguito.
Siamo su Bird Island, dove troviamo una comunità di uccelli (che non volano) nella quale vive anche l’irritabile Red (che Angry Birds sarebbe altrimenti), vittima di prese in giro che gli hanno fatto accumulare, nel tempo, tanta rabbia. Ad un corso per gestirla al meglio, tenuto da Matilda, Red incontra Chuck (fa tutto velocemente) e Bomb (tende ad esplodere quando incavolato), due uccelli con caratteristiche diverse. L’arrivo sull’isola dei Maiali, capitanati da Leonard, sembra innocua anche se Red sospetta che, in realtà, la loro gentilezza sia solo un paravento per puntare alle uova dei volatili. Dovrà trovare la Grande Aquila, difensore di Bird Island, per risolvere la difficile situazione.
Il vero problema di fondo di questo film è che l’idea di base sembra tirata troppo per le lunghe per giustificare la durata di un lungometraggio. Insomma, una pellicola che parla di uccelli, ma che, in realtà, non vola mai alta. Però, tutto sommato, qualche scena simpatica la si trova e almeno lascia intatta la voglia di tornare a casa e riprendere in mano il cellulare per giocarci.
Maurizio Acerbi, Il Giornale