Da un trattamento cinematografico mai approdato sul set al ritorno su carta, in immagini e parole. Il progetto che il Principe della Risata avrebbe voluto realizzare e che non realizzò mai vive di una nuova vita grazie alla penna e alle matite di Fabio Celoni. “Totò ha unito l’Italia più di Garibaldi”. L’intervista
Un film che non ha mai visto la luce, un grande progetto rimasto su carta e ora tornato, ironia della sorte, ancora su carta, riportando in vita Totò, nei panni di Don Chisciotte o quantomeno di un suo discendente molto stretto. Totò, l’erede di Don Chisciotte doveva essere un lungometraggio per il cinema, un progetto decisamente ambizioso, forse troppo per i tanti impegni dell’attore napoletano che moriva esattamente 55 anni fa e che alla fine degli anni ’40 esplodeva in tutta la sua popolarità. Così non è mai stato realizzato, ma quel trattamento cinematografico è arrivato nelle mani di Fabio Celoni, fumettista milanese cresciuto con i film di Totò e deciso a rendergli omaggio. Totò, l’erede di Don Chisciotte (Panini Comics, 112 pagine, 18 euro, 23 con cofanetto) è un fumetto diviso in due tempi, esattamente come se si fosse in sala, il primo dei quali esce il 21 aprile per Panini Comics. Un’opera complessa e coraggiosa in cui Celoni si cala nei panni e nella mente di Totò, per farsi suo araldo e, se vogliamo, esecutore testamentario. Tra tavole spettacolari, colori accesi e una sorprendente naturalezza nel replicare il linguaggio e la comicità del Principe della Risata.
Puoi raccontarci come e quando ti è capitato tra le mani questo trattamento cinematografico mai tradotto su pellicola?
L’ho cercato. Avevo saputo della sua esistenza navigando su internet, cercando qualcosa legato a Totò, e l’ho trovato su un libro di Anile (Alberto, critico cinematografico e giornalista, ndr). Così ho scoperto che negli anni ’40 un gruppo di soggettisti molto importanti si era messo al lavoro su questo film di cui non si sapeva quasi nulla: una parodia di Don Chisciotte. Così ho cercato di rintracciarlo e ce l’ho fatta. Ho trovato questi documenti in forma originale, dei dattiloscritti della fine degli anni ’40, al Centro del Cinema di Cesena diretto da Antonio Maraldi, che mi ha messo a disposizione il materiale. E dopo essermi molto emozionato nel leggere quel film di Totò che non fu mai girato, mi sono messo al lavoro.
Totò, tra l’altro, sembra perfetto per interpretare Don Chisciotte. Secondo te perché questo film non è mai stato realizzato?
Il motivo esatto non si conosce, almeno che io sappia. La produzione era già avanzata, i soggetti erano già stati completati, ne ho trovate 14 versioni diverse, era stato persino scritto un trattamento cinematografico con tanto di scaletta e Totò aveva già firmato un contratto. Non era un’idea vaga, era qualcosa che si doveva fare. Probabilmente non fu mai girato per motivi legati al super impegno di Totò in quegli anni, si parla del ’48-’49 ed era il momento in cui Totò esplodeva con film come Totò Le Mokò e L’Imperatore di Capri. Faceva molti film all’anno e questo che, dalle carte, sarebbe dovuto essere qualcosa di molto impegnativo, gli avrebbe portato via troppo tempo. Probabilmente non si sono trovati con i tempi e Totò non è più riuscito ad agguantarlo. Fino ad oggi.
Non un semplice fumetto, quasi la realizzazione postuma di un desiderio irrisolto di Totò. Che effetto ti fa trovarsi nei panni del realizzatore di sogni?
Per me è stato un voler realizzare un sogno di Totò ma di conseguenza anche un mio sogno, che era quello di omaggiare in qualche modo la sua arte. Questa mi è sembrata la conclusione perfetta, Totò voleva fortemente girare questo film, e il mio regalo a lui, come ringraziamento per tutti quelli che ha fatto a me, voleva proprio essere quello di farglielo girare dopo tanti anni, non sullo schermo di un cinema ma sulla carta. E spero di esserci riuscito.
C’è mai stato un momento in cui hai avuto paura della responsabilità di un progetto del genere?
Non nascondo che ci sia stato un momento di paura, ce l’ho sempre quando lavoro a un’opera, non ho grandi certezze e sono sempre molto autocritico nei miei confronti. In una situazione come questa, poi, in cui avevo a che fare con un grande progetto cinematografico internazionale e soprattutto con la figura di Totò, è stato complesso a livello psicologico. Dall’altra parte però il tutto era compensato dal grande divertimento che la sua opera mi ha sempre donato. Ho cercato d bilanciare le cose e non farmi travolgere dal senso di responsabilità.
Qual è stata la parte più complessa del lavoro? Quanto è stato difficile, da autore, calarsi dentro una comicità canonizzata come quella di Totò?
Io credo che scrivere come parlava Totò sia fondamentalmente impossibile, semplicemente perché la mente di Totò ce l’aveva solo Totò. Anche per gli sceneggiatori stessi che lavoravano ai suoi film non era facile, e ciò che vediamo sullo schermo era parzialmente frutto degli sceneggiatori e largamente frutto dell’improvvisazione di Totò e dei suoi grandi colleghi dell’arte. Sicuramente è stato molto difficile per me avvicinarmi o immaginare cosa avrebbe potuto dire Totò in un contesto del genere. Nel trattamento originale che ho trovato c’erano alcuni dialoghi, ma secondo me erano troppo forbiti e molto legati all’idea dell’opera di Cervantes e al peso letterario di Don Chisciotte. Io ho cercato di avvicinarmi a Totò il più possibile, perché credo che alla fine Totò avrebbe piegato il Don Chisciotte a se stesso, difficilmente sarebbe potuto succedere il contrario.
Come hai fatto?
Ho ripercorso nella mia mente tutta la filmografia di Totò nei dialoghi che so praticamente a memoria, avendoli ascoltati per tutta la vita, cercando di immaginare cosa lui avrebbe potuto dire in una situazione del genere. Ovviamente filtrato da me e non da lui, se non in spirito.
Siamo abituati a vedere Totò in bianco e nero, tu lo presenti a colori e hai fatto una tinozza calda e vivace. Come mai?
Inizialmente avrei voluto realizzare quest’opera in bianco e nero per un motivo molto semplice. Per quanto mi riguarda, il Don Chisciotte è legato alla figura di Gustave Doré, che fu uno dei suoi primi realizzatori grafici alla fine dell’800. Doré, con le sue incisioni, la mezza tinta e i toni di grigio, ha creato un’opera mastodontica che mi è rimasta nella memoria esattamente come per la Divina Commedia. Poi quando riuscii a leggere che il film sarebbe dovuto essere a colori e sarebbe probabilmente stato il primo film italiano a colori, mi sono ricreduto, ho cambiato completamente stile e l’ho realizzato a colori. Mettendoci il doppio del tempo.
Tu sei di Milano, Totò è napoletano. Cosa vi unisce e cosa vi divide?
Può essere curioso per alcuni pensare che un milanese si sia avvicinato a quest’opera di Totò, napoletano per eccellenza. Ma io l’ho sempre sentito molto di casa, o forse mi sono sempre sentito molto legato a Napoli anche grazie a lui. Credo comunque che Totò sia universale, non esistono le barriere architettoniche o geografiche con lui, credo anzi che abbia unito l’Italia molto più che Garibaldi.
A 55 anni dalla sua morte, Totò resta ancora attuale, ancora un metro di paragone con cui ogni comico, ogni maschera di oggi, deve misurarsi. Perché?
Credo che l’attualità di Totò sia dovuta al fatto che lui non è legato al suo tempo ma è riuscito a trascendere gli anni. Questo perché la sua comicità è sempre stata legata all’universalità dell’essere umano. Nella sua comicità ci sono dei caratteri universali, un po’ come in quella di Chaplin, quindi riuscendo a toccare dei punti presenti in tutti gli uomini è riuscito a ingannare il tempo perché l’uomo, se non per piccole sfumature, non cambia col passare delle generazioni. La società e il costume si evolvono, ma quel che di profondo c’è in noi, le paure, le miserie, le angosce e il ridere, rimangono gli stessi. Come diceva Chaplin, la tragedia è molto vicina alla farsa, dipende solo da che punto di vista la si osserva.
Quando uscirà il secondo tempo?
È già in lavorazione, lo storyboard è pronto, devo solo mettermi a lavorare duramente per completare il film. Nel frattempo ci si può mangiare qualche popcorn durante l’intervallo.