CARO DI FRANCESCO, ERA GIUSTO INFIERIRE SUL POVERO PARMA?

CARO DI FRANCESCO, ERA GIUSTO INFIERIRE SUL POVERO PARMA?

 

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(di Cesare Lanza, doctor Corriere dello Sport) Il pomeriggio televisivo calcistico è striminzito (quando ci sono le coppe europee, view la domenica è dimezzata), health ma lascia largo spazio alle piccole, alla grande provincia italiana. Chiedo scusa al Sassuolo e ai suoi tifosi, ma sarò sincero: mi sono seduto in poltrona davanti alla tivù con l’intima speranza che il Parma facesse un colpaccio! Insomma – pensavo – il bel Sassuolo non ha problemi di classifica e il Parma avrà pur diritto, a fronte di tanti guai, a un pomeriggio felice. Invece, com’è giusto, non poteva esserci spazio per i romanticismi. Anzi! Tutto girava storto e inesorabile: il destino annunciato e l’arbitro (rigore forzato ed espulsione di Mirante), ovviamente i giocatori del Sassuolo, perfino il linguaggio impietoso dei telecronisti, addirittura Di Francesco che sul 4-1 invocava altri gol… Secondo il copione più amaro, aggiungerei le perfidie che spesso torturano i perdenti: prima l’illusione dopo il momentaneo, immediato pareggio 1-1; e poi Sansone che non si appaga dei due gol, ma propizia il terzo, cercando il regalo di un rigore, anziché beccarsi un’ammonizione per simulazione.
Era una partita drammatica, che proponeva un crudo contrasto: da una parte la parabola romanzesca del Parma, che da posizioni stellari – la stagione di Tanzi – di un ormai remoto passato, é precipitato alla derelitta situazione, prefallimentare, di oggi; dall’altra la nuova provincia emergente, ambiziosa e ricca, di un Sassuolo in ascesa, lanciato com’é in orbita dalle risorse di Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria. È finita, ineluttabilmente, senza nessuna indulgenza verso tentazioni poetiche. Anzi: a fine partita Di Francesco ribadiva che avrebbe voluto il quinto, sesto, settimo gol… Posso esprimere un sommesso dissenso? So bene tuttavia che é un eterno, irrisolto problema esistenziale, nello sport come nella vita: é giusto, o no, infierire su un avversario largamente in difficoltà?
Anche da Genova sono arrivati due di quegli aspetti umani che mi appassionano, nel calcio. Il primo? La lunga inquadratura su Borriello, autore di un fantastico colpo di testa, parato incredibilmente dal portiere del Chievo. Accasciato a terra, Borriello chiede smarrito a Bizzarri: “Ma come hai fatto a prendere quel pallone?”. Per il secondo aspetto, bisogna sapere che dal Genoa negli ultimi anni sono passati, grazie alle girandole di Preziosi, decine di grandi attaccanti: da Milito a Palacio, da Toni a Gilardino, da El Sharawy a Destro, da Borriello a Immobile. E uno dei più giovani e incompresi è stato Paloschi, subito liquidato. Paloschi nella sua carriera aveva già segnato cinque gol al Genoa: ieri ha aggiunto il sesto e il settimo, belli e gustosi come le zeppole di San Giuseppe. Non era difficile immaginare i suoi pensieri dopo i due gol, guardandolo in faccia sul piccolo schermo, mentre trangugiava la gioia della rivalsa, cesare@lamescolanza.com

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