Parte da Acireale il tour di “Made in Italy”, poi il cantante riprenderà a fare il regista
Il testimonial più efficace? Ovviamente il cliente soddisfatto. Questa massima può riassumere il senso del ritorno sulla ribalta di Luciano Ligabue.
L’edema alle corde vocali ha solo rimandato di qualche giorno il piacere di tornare a cantare. Un piacere unito questa volta al desiderio di capire se Made in Italy, la sua ultima fatica discografica ma anche il primo concept album della sua carriera, sia piaciuta. Vendite a parte (già tre volte disco di platino), si direbbe proprio di sì. I seimila che la sera di San Valentino hanno riempito il Palazzetto dello sport di Acireale, per il primo dei 55 concerti in cui si articola il Made in Italy Tour, hanno fugato ogni dubbio dell’artista di Correggio. Il coro è stato costante lungo tutte le due ore e mezzo di concerto. Anche le strofe più difficili di canzoni come I miei quindici minuti o Dottoressa sembravano scolpite a fuoco nella memoria collettiva. «Ci tenevo molto a capire come fosse stato accolto il disco spiega Ligabue al termine dell’esibizione anche perché è un lavoro che sento molto vicino. Volevo capire se c’è sintonia tra il pubblico dei miei concerti e Riko». Il riferimento è al protagonista di tutto il disco, cui Ligabue affida più che i suoi pensieri i suoi umori. «Riko non ne può più delle ingiustizie sociali e delle prevaricazioni fiscali» tuona l’artista mentre introduce il secondo brano in scaletta. Ed è alla parola «fiscali» che si leva l’urlo liberatorio di tutto il pubblico. Se non è un segno di affinità di pensiero questo…
«Sono solo un artista commenta il cantante di Correggio Volevo però dar una forma a questo sentimento di frustrazione che, come Riko, attanaglia tutti noi». La frustrazione, insomma, di chi dice, a voce piena e senza tentennamenti: «Hanno vinto le banche». L’artista emiliano non si fa, comunque, tirare per la giacchetta e di bacchettate musicali ce ne sono per tutti, dalle banche al governo, senza escludere nemmeno il populismo imperante. E sul megaschermo che fa da quinta al palco a forma di ferro di cavallo scorrono a corredo immagini della Storia più o meno recente virate al bianco e nero (come per La vita facile) o disegni vagamente psichedelici (come per G come giungla). Insomma l’artista lancia il suo j’accuse a ritmo di rock e il pubblico (anche quello giovanissimo) apprezza con entusiasmo.
La scaletta è rigorosa. Nella prima parte non c’è spazio per l’improvvisazione: i brani di Made in Italy si susseguono come nel disco. E, visto il felice riscontro, non stona quella scritta che chiude sul grande schermo la prima parte: to be continued… Non riguarda certo la seconda parte dello show. Riguarda il futuro nemmeno troppo lontano del cantante di Correggio. «Con Riko non ho certo finito spiega E non parlo soltanto di musica. Potrebbe tornare, Riko, magari in un film». L’autore di celeberrimi brani come Certe notti e Balliamo sul mondo sta pensando di tornare dietro la macchina da presa. «Ho già trovato i produttori disponibili aggiunge però devo aspettare per riordinare le idee di aver completato questo tour». E non si tratta certo di un affare da poco. Cinquantacinque concerti in 27 città (con due sconfinamenti a Lugano il 12 maggio e Bruxelles il 13 dello stesso mese) e già venduti oltre 370mila biglietti. Questa volta, ironizzano gli organizzatori, abbiamo evitato le adunate oceaniche come a Campovolo. «Non è il pubblico a muoversi fa eco lo stesso Ligabue ma siamo noi ad andare a suonare a casa sua». Da qui al 26 maggio con l’unico concerto all’aperto del tour (Arena Sant’Elia di Cagliari) ci sarà spazio per cambi di scaletta ma soltanto nella seconda parte. E l’attenzione per Made in Italy si vede anche nella composizione della band che accompagna il musicista di Correggio sul palco. Si tratta infatti degli stessi che hanno collaborato alla registrazione del disco: Luciano Luisi (tastiere), Max Cottafavi (chitarre), Davide Pezzin (basso), Michael Urbano (batteria), Massimo Greco (tromba), Emiliano Vernizzi e Corrado Terzi ai sax, e l’immancabile Federico Poggipollini.
L’intesa è perfetta anche quando nella seconda parte si dà spazio alle perle del repertorio. La passerella posta al centro del parterre si riempie poi per la «parentesi acustica» come la annuncia lo stesso artista. E così al pubblico regala versioni raffinate e scanzonate a un tempo di Non è tempo per noi e Lambrusco e popcorn.
Insomma Ligabue diverte e si diverte. Superato l’esame del primo tempo, si allunga con gusto nel secondo per rimarcare ancora una volta a suon di accordi che «il meglio deve ancora venire».
Il Giornale