Qualche segnale arriva ma solo sui media specializzati. Eppure la battaglia che si sta combattendo in questi giorni a Bruxelles tra il commissario europeo al mercato unico digitale e il Parlamento di Strasburgo è di quelle che possono cambiare il mercato (televisivo) e spostare decine di miliardi d’investimenti (pubblicitari).
Tutto si gioca sul filo dei minuti e sul timing dei palinsesti, cioè sull’organizzazione della giornata televisiva che, come si sa, ha il suo culmine commerciale nel prime time dove tutto si concentra: programmi ad alta audience, share dei telespettatori, indici di ascolto e, quindi, spot e contratti milionari.
Al centro di questa nuova «bataille de la publicité» che ha già messo in allarme i lobbisti dell’Act, Association of commercial television, l’organizzazione che cura gli interessi dell’industria televisiva europea, l’annuncio del commissario al mercato unico digitale, l’estone Andrus Ansip (che è anche uno dei vice di Juncker), di voler rimettere mano alla direttiva che detta alcune regole-base proprio sull’affollamento pubblicitario e quindi: percentuali, minutaggi, product placement, divieti (soprattutto nei programmi destinati ai bambini).
L’attuale direttiva prevede un tetto di 12 minuti di pubblicità per ogni ora di trasmissione con uno stacco tra un blocco pubblicitario e l’altro di almeno 30 minuti.
Da tempo l’Act per bocca del suo lobbista-principe, il belga Grégoire Polad, direttore generale dell’organizzazione, sostiene che si tratta di vincoli troppo stretti e che sarebbe utile (per il conto economico delle aziende televisive) procedere al loro «assouulissement», come si dice qui in Francia, ad ammorbidirle, insomma, senza creare comunque disparità tra un Paese e l’altro.
Cosa che il commissario estone (in passato alto dirigente del partito comunista del suo paese, scopertosi liberista a sessant’anni) vorrebbe fare con una nuova direttiva che sostituisce il minutaggio con il peso percentuale: non più 12 minuti di spot per ora di trasmissione com’è ora, ma una quota del 20% sull’offerta televisiva giornaliera complessiva. Non solo. Il commissario Ansip propone anche di ridurre il tempo tra un blocco pubblicitario e l’altro da 30 a 20 minuti.
L’insieme di queste manovre, è stato calcolato, metterebbe l’industria televisiva europea allo stesso livello di efficienza e di flessibilità di quella americana che già manda in onda 20 minuti di spot per ogni ora di trasmissione con intervalli infrapubblicitaria non superiori a 20 minuti.
L’Act, ovviamente, canta vittoria pur precisando che la nuova direttiva, se verrà approvata dal parlamento, non sarà il cavallo di Troia per inondare di spot i programmi, ma solo un modo per dare più flessibilità alle aziende e agli inserzionisti. «Alla fine», chiarisce Polad, «l’incremento di fatturato per le aziende tv si può quantificare tra il 2 e il 15% dell’attuale giro d’affari. Quanto basta per reggere alla pressione della concorrenza americana».
Solo che al parlamento di Strasburgo di revisione dei tetti pubblicitari non vogliono sentir parlare, soprattutto nelle due commissioni mercato interno e affari giuridici che debbono bollinare la nuova direttiva. «Saturerà di spot il prime time», si legge in un rapporto destinato ai commissari «a tutto danno della programmazione e dei consumatori».
Più possibilista, e sembra incredibile, la commissione cultura e soprattutto i due membri tedeschi i quali avanzano un’ipotesi di compromesso. Così concepita: il tetto del 20% dell’affollamento pubblicitario viene limitato alla fascia oraria 7-20 e un secondo tetto del 20% viene fissato tra le 20 e le 23 proprio per evitare l’ingorgo del prime time.
Difficile, comunque, che si arrivi a un accordo perché i membri francesi hanno già detto di no. La direttiva non si tocca, nessun «assouplissement». Gli italiani non si sono ancora pronunciati. In ogni caso sarà battaglia per una manciata di minuti di pubblicità.
di Giuseppe Corsentino, Italia Oggi