La donna dello scrittore, vince la parola

La donna dello scrittore, vince la parola

Il film di Petzold, già a Berlino, in Italia dal 25 ottobre

‘La donna dello scrittore’ di Christian Petzold, in sala dal 25 ottobre con Academy Two dopo essere stato in concorso alla Berlinale, è un film dall’anima squisitamente letteraria e melò che spiazza. Interpretato da Franz Rogowski e Paula Beer, ci porta nella Francia contemporanea, ma è solo una finzione. Il regista, infatti, attinge al romanzo del 1942 ‘Transit’ di Anna Seghers che si svolge nella Seconda Guerra Mondiale, ma, con uno scarto creativo, lo ambienta nell’oggi. E così il protagonista Georg (Rogowski), un introverso tedesco in fuga dalla Germania nazista attraverso la Francia occupata, si rifugia in una Marsiglia del tutto contemporanea (tranne per l’assenza dei cellulari) in attesa di un imbarco per il Messico. Superata questa crasi storica, che lavora su più piani narrativi, ‘La donna dello scrittore’ ci racconta una storia d’amore impossibile. Georg si ritrova infatti, per puro caso, a possedere i documenti di uno scrittore tedesco che si è appena tolto la vita e, dopo un po’, decide di assumerne l’identità nel tentativo di procurarsi più facilmente un visto per fuggire oltreoceano. Ma in un film giocato su molti silenzi che evocano con discrezione la tragedia dei protagonisti, a fare la differenza, alla fine, è la voce fuori campo, le parole del romanzo di Anna Seghers che sostengono quest’opera oltre le suggestive immagini. Per George è poi destino che non solo incontri la bella e tormentata Marie (Paula Beer), moglie delle scrittore e ignara della morte del marito, ma anche che si innamori perdutamente della donna. Quando riesce, alla fine, a trovare i visti e un biglietto per una nave verso il Messico anche per Marie, quasi dimentica che con la donna ha un problema non da poco: deve dirle che ha preso l’identità del marito ormai morto. Ce la farà? “Lo spazio descritto da Anna Seghers nel suo libro è uno spazio orizzontale, uno spazio geografico, ovvero quello tra Europa e Stati Uniti – dice il regista de La scelta di Barbara -. Ci ritroviamo in una città portuale, e quindi tra la terra dove siamo e il mare su cui vogliamo viaggiare. Quindi in uno spazio di transito orizzontale. Ma penso ci sia anche uno spazio verticale, e questo è il tempo e le storie che si sviluppano al suo interno. E così non ci troviamo solo tra Stati Uniti ed Europa, o tra terra e acqua, ma anche intrappolati nel tempo di ieri e oggi. E così – conclude Petzold – ho pensato: qualcuno ha mai raccontato qualcosa del genere al cinema senza trasformarlo in qualcosa di buffo?”.

Francesco Gallo, Ansa

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