(di Tiziano Rapanà) Dovrei dirlo pian pianino, per fare intendere meglio la cognizione del torpore che alberga in società. Se lo dico, o non lo dico, non cambia nulla. E sarebbe bello incappare nell’esercizio di stile, inzupparsi di follia. Non avere necessità di comunicazione: dire per cosa? Ma quando si tratta di arte, ho sempre quell’impressione. E ci si sente sempre nel guado: domini per scurras famulos delectant. Non c’è volontà di superare l’intrattenimento, che prevede un tempo libero anziché liberato dalle trappole del vivere civile (e devi essere proprio fetente nel definire civiltà, una struttura culturale e umane che prevede che si lavori otto ore al giorno). E allora divertiamoci tutti. Festaioli è il vostro turno, dopotutto siamo in luglio. Ma quando io penso all’arte vera e lì mi sovviene un sussulto, il brivido si piglia il centro della scena: è nel mio personalissimo palcoscenico fatto di azione continua, perché è nel presente che si deve vivere. In quel momento preciso penso a Giovanna Nocetti. Una delle poche vere artiste che abbiamo in Italia. Non è solo Il mio ex, vecchia cover di un pezzo originariamente ecologista di Roberto Carlos, è ascolto e sintesi di sentire la musica come valore assoluto. È studio, tecnica, disciplina. Da qualche anno è anche direttrice artistica del teatro Antonio Cagnoni di Salice Terme, che propone un cartellone di grande qualità. Ora è in giro a raccontare, con la fisarmonica di Walter Bagnato, il tango. E chissà se ci sarà spazio per uno dei miei pezzi preferiti, Sabor a mí di Álvaro Carrillo. È un bolero di grande suggestione emotiva, che alcuni conoscono nella modesta versione di Luis Miguel. Spero che Giovanna non sia fiscale e gli dia spazio lunedì alla Versiliana. Ma la sua è una Noche de Tango ed è il caso di non uscire dall’altrui seminato.