(Vittorio Feltri, sovaldi Il Giornale) La domanda più cattiva che ha rivolto ai suoi ospiti è all’incirca questa: come sta? Che tempo che fa è sospeso per motivi stagionali: il caldo affatica giornalisti e conduttori Rai (per non dire degli autori), cure più sensibili al richiamo delle vacanze che non al fragore delle notizie.
Il programma di Fabio Fazio è molto seguito dal pubblico, sovaldi sale a giudicare dagli indici di ascolto, per cui presumo che parecchia gente ne senta la mancanza. Noi non tanto, perché non siamo stati mai capaci di affezionarci a esso e abbiamo le nostre ragioni, che magari sono torti: dalla tivù di Stato, pomposamente definita servizio pubblico, gradiremmo terzietà. Ossia un atteggiamento distaccato – o almeno ipocrita – nei confronti degli amici quanto degli avversari.
Viceversa, Fazio invita davanti alla propria scrivania soltanto coloro che la pensano come lui: i progressisti. Salvo rare eccezioni, per esempio Silvio Berlusconi e Renato Brunetta, che, in qualità di foglie di fico, sono impeccabili. Cosicché, il risultato finale della partita televisiva è questo: vincono i compari per trenta comparsate a due. Un clamoroso successo per la sinistra, il cui mentore, Fabio, si assicura in tal modo la continuità su Rai 3 e la garanzia del sempiterno rinnovo del contratto, tra i più ricchi dell’universo televisivo.
Quest’ultimo particolare suscita in noi una grande ammirazione, forse perché più che liberi siamo liberisti sfrenati e consideriamo degni di applausi coloro che guadagnano tanti bei soldini senza fare troppa fatica. Fazio poi, essendo relativamente giovane, ha ancora davanti a sé anni e anni e, quindi, contratti e contratti. Il suo patrimonio perciò è destinato a ingigantirsi. Ogni tanto, per arrotondare, egli dirige il Festival della canzone di Sanremo, il che aumenta la sua notorietà e il cachet. Di lui si può dire tutto tranne che sia sprovveduto. Al contrario, a onta di un aspetto da bravo ragazzo cresciuto all’oratorio, tra ostie e tonache di preti, è furbo e svelto quale faina. Ci sono uomini che camminano a testa alta e, se a terra è presente una banconota da 100 euro, anziché raccoglierla, la calpestano. Altri viceversa, se sentono in lontananza profumo di denaro, si precipitano sul medesimo e con nonchalance lo afferrano e lo intascano. Giudicate voi a quale categoria appartiene il principe delle interviste alla melassa.
La domanda più cattiva che ha rivolto ai suoi ospiti è all’incirca questa: come sta? Ecco perché egli piace alla gente che a me non piace affatto. È accomodante, totalmente privo di senso dell’umorismo, un raffinato specialista in banalità reiterate. Il suo profilo è così alto da annegare nelle pozzanghere. Però bisogna dargli atto di essere immarcescibile. Nonostante si sia ingrigito, cosa che accade a tutti i mortali, continua a sfoggiare un’espressione fanciullesca. Fa tenerezza alle mamme. E le mamme sono tante in Italia. Il suo successo non si spiega altrimenti.
Consapevole di avere la consistenza di un budino, Fabio nelle sue trasmissioni si fa sostenere da una signora, Luciana Littizzetto, attrice, cabarettista e perfino buona scrittrice (la sua prosa è divertente) che strappa con facilità un sorriso ai telespettatori. Quando non è in vena di spiritosaggini eleganti – il che accade spesso – si butta sul genere scurrile e qui non ha rivali. È assai abile e riesce a far ridere dicendo «cacca». Dal che si evince che non è Luciana a essere infantile, ma sono bamboccioni gli aficionados di Che tempo che fa. Un titolo più stupido non esiste. Con l’aggravante di due «che» in quattro parole.