IL ‘CATTIVO MAESTRO’ TONI NEGRI SI CONFESSA SENZA ABIURE

IL ‘CATTIVO MAESTRO’ TONI NEGRI SI CONFESSA SENZA ABIURE

IL ‘CATTIVO MAESTRO’ TONI NEGRI SI CONFESSA SENZA ABIURE

“A 90 anni il pensiero della morte è un pensiero che viene abbastanza normalmente. È come se prima ci fosse un mondo che adesso non riconosco più e penso che i 90 anni siano veramente 90 anni lontani. Se oggi parlo con mio nipote e gli parlo degli anni ’60 non riesce a riconoscerli, non riesce più a vederli. È veramente cambiata un’epoca: ci sono delle cose che finiscono e ci sono delle cose che nascono”. Così parla il filosofo padovano Toni Negri, già leader di Autonomia Operaia e figura simbolo degli ‘anni di piombo’ e del periodo in cui la lotta armata insanguinò l’Italia, nel docufilm “Il Frastuono e il Silenzio” di Giampaolo Penco, che sarà presentato in anteprima a Biografilm a Bologna domenica 16 giugno, alle ore 17.

Girato poco prima della sua scomparsa, avvenuta a Parigi il 16 dicembre scorso a 90 anni compiuti il precedente 1° agosto, il film mostra il teorico marxista della sovversione politica, condannato a 12 anni di reclusione per associazione sovversiva contro i poteri dello Stato, chiuso nella sua casa nella capitale francese, malato ai polmoni, che torna a riflettere sull’etica delle proprie azioni, accudito dalla moglie Judith Revel. Ma nelle parole dell’anziano filosofo, ritenuto responsabile della degenerazione violenta di decine di migliaia di giovani e accusato di essere il capo del terrorismo italiano, non ci sono né abiure né condanne del suo passato. È la figlia Nina a rivelare che l’anziano padre è “consapevole dei suoi errori e delle sue fragilità” e parla di lui come di “un nonno felice”. Toni Negri si racconta con amarezza come di un cittadino dalla doppia nazionalità italiana e francese senza diritti di elettorato passivo ed attivo e subito dopo, forte della sua antica militanza, rivendica con un certo orgoglio: “Devo dire che questo fatto di non avere relazione con una patria mi fa sentire volentieri europeo. Sono sempre stato molto europeista fin da ragazzo e nel 2005 ho fatto propaganda in Francia per l’accettazione dell’Europa” in occasione del referendum francese sulla Costituzione europea. “Continuo a credere che la globalizzazione sia stata utile e che i livelli di sopravvivenza del proletariato mondiale siano enormemente cresciuti attraverso la globalizzazione,” aggiunge Negri. Il filosofo che aveva riparato in Francia negli anni ’80, dopo essere stato eletto in Parlamento con i radicali, per sfuggire al carcere italiano, accenna al tempo inesorabile che passa e che tutto muta: “I miei novant’anni arrivano e questo non è molto divertente, ma d’altra parte c’è anche un altro un altro sentimento, cioè quello di essere veramente degli uomini di un altro secolo. Quando si parla del ’68, per esempio, sono passati sessant’anni e parlare del ’68 ai giovani di oggi probabilmente non so bene come lo possono immaginare. I miei nipoti sono nati tutti quanti a partire dal 2002: ecco quando parlo con loro mi sembra di vivere su due facce diverse della Luna.” Negli anni Settanta e Ottanta il nome di Toni Negri ha monopolizzato l’attenzione dei media, “poi è stato espulso dalla storia italiana, ma ha avuto importanti riconoscimenti all’estero,” spiega il regista Giampaolo Penco. Così oggi il nome dell’ex leader di Autonomia Operaia, protagonista della lunga vicenda giudiziaria passata alla storia come “il processo del 7 aprile 1979”, giorno in cui fu arrestato, non dice più niente alle nuove generazioni. Lo testimonia lo stesso docufilm con interviste a giovani studenti universitari italiani e francesi: “Toni Negri? Non so chi sia,” è la risposta univoca. Il regista illustra i motivi di un film su Toni Negri con queste parole: “Io non ho mai avuto una tessera di partito e mai mi sono sentito affiliato a movimenti politici, però gli anni Settanta e Ottanta li ho vissuti.”

Grande è il mio interesse per una riflessione filmica. Faccio parte della generazione dei testimoni diretti e penso che sia un dovere narrare la storia nelle sue contraddizioni, nelle sue parti scomode, come il rapporto fra movimenti di protesta e strategia terrorista, affinché non rimangano indigeste e possano essere metabolizzate. Lo scopo è anche fornire una chiave per comprendere gli anni successivi, quando la storia ha progressivamente eliminato ogni forma di pensiero divergente, tanto che oggi la parola ‘controcultura’ ha perso del tutto significato o potrebbe averne uno ambiguo.

Il film si apre con il frastuono dell’esposizione mediatica che il caso Toni Negri ha avuto negli anni Settanta e Ottanta: titoli di giornali, di telegiornali e frasi tratte dagli articoli, definendolo di volta in volta una persona con grande capacità camaleontica, un maschilista, uno che ha voluto essere uno dei capi di una rivoluzione che giudicava sicuramente vittoriosa, aspirava al potere, un liberale travestito da comunista estremista, un predicatore del reddito garantito e della cittadinanza globale, un populista, un intellettuale garantito da quel sistema borghese che vorrebbe rovesciare, un narciso dal cervello sottile e febbricitante (Giorgio Bocca), uno dei più importanti filosofi italiani ed europei (Massimo Cacciari), un esemplare di bassa lega (Indro Montanelli).

Poi segue il silenzio filmato nella casa di un uomo anziano, chiuso nella sua abitazione parigina, impossibilitato a uscire per via del Covid e di un difficile quadro medico. La narrazione del documentario si sviluppa lungo due linee narrative che si intrecciano e si fondono raccontando presente e passato di Toni Negri. Vive in prima persona due tipi di viaggio: uno fisico, reale, ai giorni d’oggi, chiuso in casa tra i suoi libri, l’iPad, il telefono; l’altro intimo, dentro di sé, nella sua memoria, nei suoi ricordi.

Con un gioco di rimandi tra presente e passato, il film ricostruisce attraverso una serie di materiali inediti i luoghi, i volti, i sentimenti e i fatti che hanno caratterizzato la sua vita intensa, fatta di molti amori e molti lutti, residenze confortevoli e lunghi periodi di carcerazione, viaggi affascinanti e fughe tormentate, incontri con il fior fiore dell’intellighenzia internazionale e convivenze carcerarie, da capo-popolo e deputato rigettato.

Le parti di Toni Negri vengono completate, integrate, distinte, contraddette da una serie di voci, che hanno legato la loro storia personale o professionale alle sue vicissitudini: tra gli altri Marco Boato, Marcello Baraghini, Pier Aldo Rovatti, Uliano Lucas, Tano D’Amico e Mauro Palma. È il racconto di una vita, di un pensiero, di una generazione dall’osservatorio privilegiato di un’età avanzata in cui bisogna capire e decidere cosa lasciare andare e cosa no. E si torna a riflettere sull’etica delle proprie azioni.

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