Siamo un popolo di santi, poeti e astronauti. Astronauti i Negrita nel videoclip de “I tempi cambiano”, astronauta Max Gazzè in quello di “Mille volte ancora”, astronauta Jovanotti in “E non hai visto ancora niente”, astronauta Francesco Renga nel singolo “Guardami amore”. Anche se la rossa cornice della Monument Valley avvicina l’ex Timoria più al Matt Damon di “The martian” che al Keir Dullea di “2001: Odissea nello spazio”. Anzi, a qualcosa di più esistenziale come il “Solaris” di Tarkovskij, trasformandolo nell’esploratore di un pianeta selvaggio che con la sua asprezza evoca da vicino certi suoi umori del momento. «Il fascino del deserto non sta tanto nella sabbia, quanto negli orizzonti che ti mette davanti» filosofeggia Renga, volando alto sui sentimenti come il drone utilizzato per le riprese. Quell’orizzonte lo proietta oggi oltre gli occhi di Ambra Angiolini e della famiglia che hanno costruito assieme per aprirlo ad una nuova vita. Se c’è un filo rosso che lega “Guardami amore” alle altre 13 canzoni dell’album “Scriverò il tuo nome”, da oggi sul mercato, è proprio quello srotolato dal cantante bresciano nelle «trincee del cuore», per dirla con un verso di “Sulla pelle”, scavate per resistere gli assalti dell’anima. «Sotto questo punto di vista l’ultimo tour si è rivelato molto importante, facendo emergere col pubblico un’empatia nuova» prosegue lui. «Ho trovato comprensione e grande rispetto; anche perché Ambra è stata molto brava nello spiegare che, nonostante la distanza, rimaniamo vicini per amore dei figli». Suggestioni privatissime che hanno spinto Francesco a mettere la penna in tutti i brani, affiancato da uno stuolo di collaboratori di rango quali Ermal Meta, Tony Maiello, Diego Calvetti, Dario Faini, Celso Valli e Fortunato Zampaglione, ma pure il vincitore di Sanremo Giovani Francesco Gabbani e Nek, che co-firma “I nostri giorni”. Produce Michele Canova. L’appuntamento con i fan è per il 15 ottobre al Forum di Assago. Seguirà tour.
Renga, da cosa nasce questo suo settimo album?
«Da una mutazione personale, dalla voglia di reinventarsi, di ricominciare, di sentirsi nuovamente positivi».
Nei frangenti delicati i testi diventano decisivi.
«Ho speso molto tempo a cercare le parole giuste e a cantarle in modo non convenzionale. Anzi, per renderle più efficaci, ho preso esempio dal rap che ne usa tante e in modo serrato».
Già, ma Renga rimane innanzitutto una voce.
«Al contrario del passato, in “Scriverò il tuo nome” è la parola a condizionare il canto e non il contrario. Questo rende ogni concetto asciutto, preciso, diretto, senza togliergli però poesia. Se si vuole, un atteggiamento opposto a quello che avevo in album come “Orchestra e voce”».
Perché bisogna scrivere il nome?
«Perché l’amore si palesa sempre con un volto e questo volto ha sempre un nome, che è un nome diverso per ognuno di noi e per chiunque ascolti una canzone d’amore».
Il video di “Guardami amore” finisce con le parole di François Mauriac: “È inutile per l’uomo conquistare la luna se poi finisce per perdere la terra”.
«A me che ho due figli è sembrato giusto concludere quella clip “spaziale” con una riflessione sul futuro del nostro pianeta. Sono fortemente motivato ad impegnarmi sui temi ambientali, sperando che la mia voce possa diventare un coro. Pure qui da noi, infatti, c’è molto da fare; a cominciare dalla bonifica della Terra dei Fuochi».