Non c’è nulla di più misterioso della massoneria, con tutta quella iconografia di cappucci, grembiulini, guanti bianchi, triangoli, squadre, compassi, occhi e volte stellate.
E non c’è paese in Occidente che abbia avuto più misteri dell’Italia: i golpe falliti, le stragi e la strategia della tensione, da piazza Fontana il 12 dicembre 1969 alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980, il sequestro Moro e le Brigate rosse, il caffè di Sindona, lo Ior, il crac del Banco Ambrosiano e il cadavere suicidato di Roberto Calvi sotto il ponte dei Frati Neri, l’omicidio Pecorelli, Gladio…
Così per sillogismo si potrebbe dire che il Venerabile Maestro della loggia segreta P2, Licio Gelli, sia stato lui stesso la chiave di ogni trama perché non c’è stata inchiesta su quei fatti che prima o poi non lo abbia chiamato in causa o per lo meno sfiorato, persino dopo che era morto.
Ma chi era Gelli, solo un massone di provincia, doppiogiochista dai tempi della seconda guerra mondiale quando per salvarsi la vita passava informazioni prima alle SS e poi ai partigiani? Soltanto un uomo interessato più ai soldi che al potere? Un imprenditore di materassi che non avrebbe potuto mai dare ordini ai più alti gradi dello Stato che si erano affiliati alla loggia? O un pericoloso golpista che provò più volte a sovvertire la democrazia in Italia?
Quaranta anni fa esatti il ritrovamento degli elenchi della P2 in un cassetto della sua ditta, Giole a Castiglion Fibocchi, in provincia di Arezzo. Un terremoto per la Repubblica.
“Bersaglio Mobile” a cura di Enrico Mentana, con i giornalisti Guy Chiappaventi e Silvia Brasca, in prima serata dalle 21.15 su La7, ripercorre la vicenda del Maestro Venerabile dai suoi inizi negli anni ’40 fino all’ultimo mistero, le connessioni postume con il più grave attentato nella storia del Paese, la strage alla stazione di Bologna.
Con interviste ai magistrati Gherardo Colombo e Guido Salvini, l’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli, avvocati e familiari della strage alla stazione di Bologna e il giornalista e critico gastronomico Edoardo Raspelli, sentito come testimone dai magistrati di Bologna sulla strana figura di una spia-gourmet che per anni ha guidato un potente servizio segreto parallelo in Italia.
Si tratta di Federico Umberto D’Amato, a suo tempo capo dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno, che assieme ad Edoardo Raspelli, alla fine del 1978, fu fondatore della Guida dei Ristoranti dell’Espresso. Tre Procuratori della Repubblica di Bologna due anni fa sentirono Raspelli sul suo “collega” critico gastronomico: qual era la disponibilità finanziaria di Federico Umberto D’Amato, che tipo era e, soprattutto, domande su alcuni “strani” particolari ingredienti di alcuni piatti che, secondo i magistrati bolognesi ,Federico Umberto D’Amato utilizzava come “segnali”.
Secondo la ricostruzione della Procura Generale, guidata da Ignazio De Francisci, già braccio destro a Palermo di Gian Carlo Caselli ,con 1 miliardo e mezzo di lire preso da Licio Gelli al Banco Ambrosiano e girato a D’Amato,il super poliziotto e critico gastronomico della Guida dell’Espresso avrebbe organizzato la strage di Bologna con 85 morti e centinaia di feriti.
Edoardo Raspelli raccontò queste cose sul suo periodico digitale RaspelliMagazine e vennero riprese prima da Giacomo Pacini sul suo recente libro per Einaudi “La Spia intoccabile” e poi da Tom Kington sul quotidiano di Londra The Times.