San Valentino al cinema è stato: “The shape of water”

San Valentino al cinema è stato: “The shape of water”

Nella sua nuova opera, La forma dell’acqua, il visionario Guillermo del Toro racconta una fiaba gotica ricca di suggestioni fantasy, ambientata nel pieno della Guerra Fredda americana (siamo nel 1963) e incentrata su una giovane eroina senza voce. A causa del suo mutismo, l’addetta alle pulizie Elisa (Sally Hawkins) si sente intrappolata in un mondo di silenzio e solitudine, specchiandosi negli sguardi degli altri si vede come un essere incompleto e difettoso, così vive la routine quotidiana senza grosse ambizioni o aspettative. Incaricate di ripulire un laboratorio segreto, Elisa e la collega Zelda (Octavia Spencer) si imbattono per caso in un pericoloso esperimento governativo: una creatura squamosa dall’aspetto umanoide, tenuta in una vasca sigillata piena d’acqua. Elisa si avvicina sempre di più al “mostro”, costruendo con lui una tenera complicità che farà seriamente preoccupare i suoi superiori. Il film ha vinto il Leone d’Oro al Festival di Venezia 2017 ed è candidato a 13 Premi Oscar 2018. “L’acqua prende la forma di tutto ciò che la contiene in quel momento e, anche se l’acqua può essere così delicata, resta anche la forza più potente e malleabile dell’universo. Vale anche per l’amore, non è vero? Non importa verso cosa lo rivolgiamo, l’amore resta sé stesso sia verso un uomo, una donna o una creatura.” Parla così del suo film, Guillermo del Toro, il regista messicano che non ha mai nascosto la sua passione per i mostri, per storie capaci di impaurire e incantare allo stesso tempo, così come facevano i classici horror della Universal di cui si è nutrito per anni, popolati di creature sì mostruose, ma intrappolate in uno stato transitorio – parte umane, parte qualcos’altro -, uno stato in cui chiunque si sia sentito emarginato, potesse identificarsi. Uno di questi esseri era proprio il Mostro della laguna nera protagonista del b-movie diretto nel 1954 da Jack Arnold e dei due sequel che ne sono derivati, il Gill-Man che è chiaramente un’ispirazione diretta per l’essere anfibio protagonista di The Shape of Water. Un film che nasce da una chiacchiera tra il regista messicano e Daniel Kraus, suo cosceneggiatore nella serie animata Trollhunters, avvenuta durante una colazione, durante la quale Kraus raccontò di un’idea avuta da ragazzo diventata poi il soggetto essenziale del film: quello di una donna delle pulizie di un impianto governativo che intesse un’amicizia con un uomo anfibio tenuto lì prigioniero. Nelle mani di del Toro, che per girare The Shape of Water ha rinunciato al sequel di Pacific Rim, questa trama è poi diventata una vera e propria storia d’amore, di un amore anche carnale che, per il regista, rappresenta la completa fusione tra due anime. Se il cast del film appare così azzeccato e funzionale alla storia che racconta, è di certo anche perché del Toro ha scritto il copione avendo fin dall’inizio in mente gli attori cui poi ha chiesto di partecipare al film: Sally Hawkins – che del Toro ha raccontato di aver approcciato da ubriaco ai Golden Globe del 2014, e che proprio in quel momento stava scrivendo una storia in cui una donna non si rende conto di essere una sirena – nei panni di Elisa, la protagonista; Richard Jenkins in quelli del suo amico e vicino di casa omosessuale, che l’aiuterà a salvare la Creatura; Michael Shannon in quelli del feroce agente governativo che ha catturato e che tortura la Creatura; Michael Stuhlbarg in quelli dello scienziato che invece vuole studiarla e proteggerla; Octavia Spencer in quelli della collega e grande amica di Elisa. Nei panni della Creatura, il cui aspetto definitivo ha richiesto nove mesi di lavoro, c’è Doug Jones, alla sua sesta collaborazione con del Toro, l’attore che è stato in precedenza per lui il Fauno del Labirinto del Fauno e l’Abe Sapien dei due Hellboy, giusto per citare due ruoli. L’attesa attorno a questo film è stata altissima fin da quanto è stato diffuso online il primo trailer, di fronte al quale Kevin Smith ha sentito di twittare che “Vedere qualcosa di così bello mi fa sentire stupido per definirmi anche io un regista”. E se The Shape of Water è riuscito a vincere il Leone d’Oro al Festival di Venezia 2017, pur essendo un blockbuster, e rompendo quindi una consolidata tradizione festivaliera, un motivo ci sarà pure.

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