L’attore aveva 80 anni: scoperto da PPP, drugstore fu un simbolo del suo cinema. Nella sua lunga carriera è stato diretto anche dal fratello Sergio e ha recitato in teatro con Bene
La notizia l’ha data l’amico Ninetto Davoli. Franco Citti è morto la sera del 14 gennaio. Malato da tempo, cialis sale si è spento nella sua abitazione. Aveva 80 anni, treat compiuti il 23 aprile scorso. Scoperto da Pasolini che lo volle per il ruolo di Vittorio Cataldi di Accattone nel 1961, Citti diventò un volto simbolo del suo cinema, recitando anche in Mamma Roma, Porcile e il Decameron. Era nato in borgata, è stato diretto anche dal fratello Sergio, a partire da Ostia del 1970 quindi Storie scellerate (1973), Casotto (1977) e Il minestrone (1981) scritti da Sergio con l’amico Vincenzo Cerami. A quattro mani diressero Cartoni animati («con la fraterna collaborazione di Sergio Citti» recitavano i titoli di testa). In teatro ha recitato con Carmelo Bene. Francis Ford Coppola lo volle per Il padrino, Elio Petri per Todo modo, Bernardo Bertolucci per La luna. Nella carriera, lunga ed erratica, c’è spazio per i poliziotteschi (Roma: l’altra faccia della violenza), la satira fantascientifica firmata Pingitore (Ciao marziano), l’horror (Il gatto dagli occhi di giada).
«Piacere, Pasolini» L’incontro con Pasolini avvenne in una pizzeria di Torpignattara, il fratello fece da tramite. «Piacere, Pasolini». «Io so’ Franco», come ricordò lui stesso nel libro Vita di un ragazzo di vita scritto nel 1992 con il giornalista Claudio Valentini. «Lui scoprì grazie a noi la libertà del pallone per strada. Veniva dal mondo degli intellettuali, quelli con la cravatta. Difficile giocare a pallone con la cravatta. Lui se l’è tolta e ha giocato con noi. Siamo stati il suo rifugio». Pasolini lo descriveva così: «Ancora cucciolo, timidissimo, con gli occhi d’angoscia della timidezza e della cattiveria che deriva dalla timidezza, sempre pronto a dibattersi, difendersi, aggredire, per proteggere la sua intima indecisione: il senso quasi di non esistere che egli cova dentro di sé. Per contraddire questa sua ingiusta incertezza d’esistenza, egli non ha altri strumenti che la propria violenza e la propria prestanza fisica: e ne fa abuso». Non aveva mai creduto che il colpevole della morte di PPP fosse Pelosi. «È assolutamente escluso che sia stato Pelosi. Lì c’è un chilometro quadrato di strage. È stato massacrato, e una sola persona non riesce a fare quelle cose. Ci sono troppe cose oscure, dietro. Anche politiche, naturalmente».
Addio borgata Scomparse le borgate, da Roma era scappato. «Sono andato via da Roma innanzitutto perché cominciavano a sparire le borgate e con loro i miei amici. E quando non hai più le borgate ti rifugi al mare», aveva raccontano. «È per questo che sono venuto a vivere a Fiumicino. C’è un senso di morte, qui intorno, che mi piace. Forse io sono gia’ morto, qui, in questa solitudine che amo e che mi mette allegria. Anzi, io sono vivo perché sto a Fiumicino. Forse se stavo a Roma ero già morto». È ancora Ninetto Davoli a esprimere il sentimento generale. «Con Franco abbiamo condiviso tante cose, a partire dal legame con Pier Paolo Pasolini e tutte le cose che abbiamo fatto insieme a livello cinematografico. È morto una parte di quel mondo, piano piano il cerchio si sta chiudendo».