Il Trio si immagina tra 25 anni e scherza sugli acciacchi della vecchiaia. Un film-omaggio alla propria carriera
Scaricati come scorie radioattive da figli e parenti; alle prese con sciatica, ernia e colesterolo alto e in balia d’una kapò russa che dirige un lager-casa di riposo, Aldo, Giovanni e Giacomo consegnano al loro pubblico Fuga da Reuma Park (da giovedì con Medusa), insolito cinepanettone che è anche un robusto amarcord della loro venticinquennale carriera.
Denso di citazioni dai loro film più noti, da Tre uomini e una gamba (1997) ad Anplagghed, successo del Natale 2006, Fuga da Reuma Park è parzialmente ambientato in una Milano notturna e romantica, tra navigli brumosi e un Duomo scintillante, dal quale viene giù, con gran tonfo, la Madonnina d’oro. È la cifra surreale e stramba, quasi gogoliana, del loro lavoro clownesco: un paio di gambe staccate dal corpo si muovono da sole; una mano solitaria resta attaccata a un manubrio e c’è un accoppiamento carnale tra Giovanni e Ludmilla (Silvana Fallisi), sadica direttrice del Luna Park dove i tre sono parcheggiati. Possono piacere, a questa trinità della risata, le tombolate, la musica e il panettone di Reuma Park, intanto che l’altoparlante intima: «I disubbidienti verranno sciolti nell’umido»? E infatti sarà fuga tra i navigli, a bordo di una pilotina, via Cernusco e con destinazione Rio. «Il nostro ufficio si trova sopra la Darsena, che secoli fa era un porto. Perciò proviamo una grande attrazione per le acque navigabili di Milano, città importante nella nostra storia, città che ci sembra stia acquisendo una scenografia naturale. Credo siamo i primi ad aver solcato i Navigli su una barca», spiega Giovanni, che dà vita a vecchi sketch, sdoppiandosi in più personaggi.
«Essere comici? Vuol dire tornare bimbi. Perciò stavolta abbiamo provato a proiettarci da qui a tra venticinque anni, invecchiati, rigidi e buffi, con i nostri capricci. Volevamo girare allegramente, improvvisando sul set, tra La grande fuga alla Steve McQueen e le situazioni alla Jessica Rabbit», rivela Aldo, il «terrone» del gruppo (è nato a Palermo e, in realtà, si chiama Cataldo) che, da ragazzo, si spacciava per Brambilla Fumagalli, al fine di conquistare la figlia d’un «lumbard».
Il tema dell’anzianità e degli insulti, fisici e mentali, che essa invia al corpo e all’intelletto (notevole, qui, il vecchietto trasformato in radiolina da un ictus che lo costringe a ripetere incessanti cronache sportive), resta comunque centrale. «La malinconia del diventare vecchi, qua c’è tutta. Abbiamo voluto, comunque, metterla in ridere, infilandoci dentro l’elemento della fuga tragicomica. Perché, in realtà, dalla vecchiaia ognuno vuol scappare», scandisce Morgan Bertacca. Tra l’altro, Ficarra&Picone fanno un cammeo che non sfigura nel mondo visionario di Reuma Park, dove gli anziani deambulano sperduti e miseri: non a caso, Aldo indossa un paio di occhiali tenuti insieme da un elastico.
Cinzia Romani, il Giornale