Parla la mamma del cantante di X Factor Vittorio Andrei, trovato morto domenica nel suo appartamento a Roma: «È uscito per andare ad una festa e non è più tornato»
Accanto alla porta di casa all’ultimo piano del palazzo di via Gregorio VII, zona Aurelio, campeggia un quadretto con il motto di Steve Jobs: «Restate affamati, restate folli». Carlotta Mattiello, la madre di Vittorio Andrei, il rapper «Cranio Randagio» trovato morto sabato pomeriggio alla Balduina dopo un festino a base di alcol e droga, lo guarda con le lacrime agli occhi. Ma anche con la forza di chi vuole avere giustizia. Quattro ragazzi sono già nei guai, altri sette saranno interrogati oggi. Si ipotizza un ritardo nel chiamare i soccorsi. Almeno un’ora di buco. Ma è in corso anche la caccia allo spacciatore che potrebbe aver venduto al gruppo alcuni etti di marijuana.
Cosa non la convince di questa storia?
«Qualcuno avrebbe dovuto dire qualcosa, avvertirmi subito e non l’ha fatto. Non so se Vittorio poteva essere salvato, questo non spetta a me stabilirlo, ma so soltanto che mio figlio è uscito venerdì sera per andare a una festa e non è più tornato».
Accusa qualcuno di preciso?
«Per ora no, ma voglio sapere perché, nonostante il suo telefonino continuasse a suonare libero e Vittorio si trovasse in una casa privata, nessuno si è preoccupato di dirmi che stava male, perché non mi è stato detto niente. Trovo tutto questo abbastanza bizzarro».
Come ha saputo che Vittorio era morto?
«Solo alle quattro del pomeriggio di sabato si sono presentati a casa mia due poliziotti che mi hanno detto: “Signora, ci segua in commissariato”. La notizia di quello che era successo a mio figlio me l’ha comunicata il magistrato. Adesso non voglio farmi idee, non mi piace neanche pensarle. Voglio avere fatti, e voglio che sia la polizia a darmeli».
Conosce gli amici della Balduina di Vittorio?
«No, anche perché si tratta di una comitiva di persone che non facevano parte del suo giro di amicizie. Le conosceva da poco tempo, so che avevano fatto dei video e glieli avevano mostrati. Due settimane fa ne avevano girato uno insieme proprio qui sopra, sul nostro terrazzo».
Li ritiene responsabili della morte di suo figlio?
«Non lo so, ma credo che di fronte a un problema come quello che si è presentato, ci si possa comportare anche in un altro modo».
Cosa le ha detto l’ultima volta che lo ha visto?
«”Mamma, vado a una festa”, come mi aveva detto miliardi di altre volte, come fanno tutti i ragazzi della sua età. Aveva vissuto due anni da solo a Milano, dove era andato a studiare, cosa avrei dovuto dirgli? Ma poi quando ho visto che sabato non era ancora tornato, mi sono preoccupata e ho cominciato a telefonare. Ho chiamato tutti, ma i cellulari erano spenti. Tutto questo aspetto non è molto chiaro. Mi sarei aspettata che qualcuno mi dicesse cosa era successo prima che la polizia suonasse alla mia porta. Ma non è successo».
Adesso che cosa si aspetta?
«Soprattutto chiarezza. Vittorio era un ragazzo appassionato di musica. Un rapper che a giugno si era laureato a Milano in fonica e che era poi tornato a vivere a Roma. Aveva sogni e ideali, cercava di dare una prospettiva a tantissimi ragazzi. Vorrei che la gente continuasse a prendere dalle sue parole la speranza per la vita che lui stesso aveva. Invece ha avuto questa fine ingloriosa rispetto ai suoi messaggi».
Rinaldo Frignani, il Corriere della Sera