Canone/imposta Rai. La pentola dell’oro che tutti vogliono… tranne i contribuenti

Canone/imposta Rai. La pentola dell’oro che tutti vogliono… tranne i contribuenti

Il presidente Rai ha chiesto in commissione vigilanza parlamentare più soldi per l’informazione e intrattenimento di Stato (1). Oltre a chiedere che anche telefonini  e tablet paghino il canone, vorrebbe che i 110 milioni che dalla raccolta canone vengono indirizzati al “Fondo per il pluralismo” (2) siano presi da altre fonti.
La Federazione degli editori dei giornali (Fieg) ha reagito stigmatizzando che la Rai prende soldi per un servizio pubblico sostanzialmente identico a quello commerciale, e talmente tanti che si può permettere di stracciare i prezzi del mercato pubblicitario (dumping) a danno dei media non di Stato (3).

Bene, apprendiamo che anche gli editori dei giornali hanno compreso quello che già sanno i contribuenti che pagano il canone/imposta per il possesso di un tv con cui magari neanche guardano la Rai: la radiotelevisione di Stato fa “sostanzialmente” concorrenza su un mercato in cui le sue controparti non hanno come lei i soldi dello Stato… fa quindi concorrenza sleale e abuso di posizione dominante (4).
A questo punto ci si aspetterebbe che la Fieg si impegnasse in una campagna per l’abolizione del canone Rai…. Aspettiamo.

Intanto, però, gli editori dei giornali attaccano la Rai per comportamenti lesivi del trust solo per dire che quei soldi del canone è bene che continuino ad essere versati ai loro associati. E lo sottolineano anche “facendo appello al Governo, al Parlamento, alle forze politiche e all’opinione pubblica per respingere gli attacchi contro la libertà d’informazione”; inclusi i contribuenti che sarebbero ben felici di non pagare il canone.
A noi sembra che il canone/imposta Rai sia una pentola dell’oro a cui tutti non vogliano rinunciare, inclusi quei tutti (Fieg) che evidenziano (ma non denunciano) i comportamenti contrari alla legge del maggiore fruitore (Rai) del contenuto di questa pentola.
Questo è lo stato del nostro mercato, cosiddetto libero, dell’informazione. Questo è lo stato della libertà d’informazione.

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