Il futuro della comunicazione papale. Gia accorpati la radio e il ctv, nel 2017 la carta. Via ai contenuti su Facebook e in futuro un Netflix all’incenso
Basta con le trasmissioni in onde medie e corte dal centro di Santa Maria di Galeria (Rm): sì invece ai contenuti digitali trasmessi a mezzo Facebook (accordi in corso) in 44 paesi, specie per l’Africa dove ormai «tutti hanno i telefonini». Monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione, 54 anni, ha spiegato il futuro della comunicazione papale nel corso di una riunione del Copercom (Coordinamento delle associazioni per la comunicazione, realtà che riunisce la comunicazione delle principali associazioni cattoliche) tenutasi ieri a Roma presso la sede Cei di Via Aurelia.
I tempi cambiano rispetto a quando i cablo di Wikileaks descrivevano un Vaticano nel quale l’unico utilizzatore di Blackberry era l’allora portavoce papale padre Federico Lombardi, e Viganò lo dimostra usando termini come «matchato» o parlando del «content hub» (ma ammette di aver illustrato gli accorpamenti ai cardinali del C9, la Commissione di riforma della Curia voluta da Papa Francesco, usando la metafora della cipolla a più strati) che nascerà al termine di quello che lui chiama «processo di riforma» e che riguarda esclusivamente la Santa Sede. «È un processo avviato già nel 1996, e ha avuto un’accelerazione dopo il Giubileo del 2000», racconta.
Su di esso hanno lavorato tre commissioni: la Cosea, di cui facevano parte don Lucio Vallejo Balda e la pierre calabrese Francesca Immacolata Chaouqui; una commissione McKinsey; e una guidata da lord Chris Patten che, nota Viganò, aveva preparato «un progetto meraviglioso, ma molto costoso».
Già, perché il problema erano anche i soldi: Cosea e McKinsey, in fondo, avevano enfatizzato il lato economico e tra i suggerimenti c’era anche quello di fare dei licenziamenti, ma questo non sarebbe piaciuto in alto loco: meglio allora valorizzare le risorse interne con un percorso meritocratico. «Un esempio. C’era un usciere che non aveva titoli di studio», aggiunge il prefetto della Segreteria per la Comunicazione, «ma conosceva perfettamente il sistema operativo dei Macintosh». Morale? È stato mandato a fare un corso di formazione e passerà in servizio con i tecnici».
Insomma, quello che sta cercando di fare Viganò, su mandato di Jorge Mario Bergoglio e del C9, è «un corso d’aggiornamento: dobbiamo recuperare 20-25 anni rispetto alle altre realtà della comunicazione». Con un piano quadriennale che si completerà nel 2018. «Io sono solo un Caronte della riforma, questo mi è stato chiesto dal Papa», dice.
E quindi nel 2016 il lavoro è stato quello di accorpare la Radio Vaticana con il Centro Televisivo Vaticano, verso il content hub multimediale che entrerà in un unico portale accanto a vatican.va; nel futuro si svilupperà, come radio cittadina capitolina, 105 FM (da non confondere con Radio 105, che è altra emittente): verrà utilizzata una frequenza del digitale terrestre per i contenuti di Rv.
L’anno prossimo toccherà alla carta: accorpamento di Osservatore Romano, Servizio Fotografico dell’Or, Tipografia vaticana e Libreria Editrice Vaticana. La tipografia è in mano ai Salesiani, ricorda Viganò, per cui bisognerà dialogare anche con loro. Il 2018 sarà l’anno del consolidamento istituzionale e logistico. Da notare, sottolinea il monsignore, che il personale «è tutto in sharing: nessuno può più dire: “Io sono della Radio, io sono del Ctv…”», ognuno lavora secondo le esigenze del momento.
La Santa Sede sta facendo investimenti sulla formazione, tema un tempo per il quale «non c’era una lira». Ci sono master presso la Pontificia Università Lateranense, la Lumsa, e 50 dipendenti sono stati avviati a un master presso la Business School della Luiss. Certo, ancora c’è da fare: «non sappiamo quanti sono i cellulari di servizio né i collaboratorio della Radio Vaticana». In compenso il lavoro di coinvolgimento ha fruttato al 6 giugno scorso 155 riunioni, 341 persone messe assieme, 484 ore di riflessioni e decisioni.
Addio come dicevamo, a onde medie e corte. Le corte costano circa 2,5 milioni di euro all’anno: «una radio si impianta nei Paesi del Terzo Mondo con 70.000 euro», dice Viganò. Benvenuti invece il content hub e ok alla nuova infografica dei viaggi papali che darà informazioni in tempo reale sui luoghi in cui si troverà Francesco, i discorsi che pronuncerà, le biografie di chi incontrerà, per esempio. E, last but not least, più fruibilità dei prodotti multimediali cattolici: magari con una specie di Netflix all’incenso. Chissà.
di Antonino D’Anna, ItaliaOggi